Arte

martedì 15 Novembre, 2022

L’artista Sara Maino esplora il suono, creando paesaggi e comunità. «Ritrovo lo stupore ascoltando in profondità»

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Scoperta di dimensioni soniche in cui si è immersi, intreccio di culture, condivisione di esperienze espressive individuali, anche attraverso la narrazione, sono una costante della poliedrica attività creativa dell'artista

Maria Viveros
«Sono cresciuta nella dimensione dei suoni, nell’ambiente privilegiato della natura, in montagna, dove il fruscio degli alberi, lo scorrere dell’acqua del torrente, il suono delle campane che proveniva dalla valle mi tenevano compagnia. Osservavo, ascoltavo e tutto ciò che mi circondava diventava “scoperta” e lo stupore di allora mi accompagna anche oggi». A raccontarsi è Sara Maino, artista di Arco, che nei giorni scorsi a Molenbeek, quartiere socialmente difficile di Bruxelles, ha tenuto per la Maison des Cultures et de la Cohésion Sociale dei laboratori rivolti a trenta ragazzi e ragazze dai 9 ai 12 anni, impegnati a esplorare e mappare la ricchezza sonora del contesto in cui vivono. Il lavoro è poi confluito all’interno del festival Bozar in una performance condotta insieme a una coppia di musicisti africani, il Duo Seco.
Scoperta di dimensioni soniche in cui si è immersi, intreccio di culture, condivisione di esperienze espressive individuali, anche attraverso la narrazione, sono una costante della poliedrica attività creativa di Sara Maino. Ma cosa spinge un’artista, che opera per obbedire a un imperscrutabile e urgente moto interiore, a calarsi nel ruolo dell’insegnante per offrire gli strumenti utili a risvegliare quel silente bisogno di esprimersi che appartiene a tutti? «Apertura alla relazione, sospensione di giudizio e accoglienza fanno parte del mio essere», spiega Sara Maino. «Sono molto curiosa – continua – e ritengo che una delle forme più autentiche di conoscenza del mondo sia avere la capacità di ascoltare con orecchio stupito. Non si è più abituati a farlo, ma lo si può trasmettere maieuticamente, per aiutare chiunque a estrarre da sé proprio lo stupore». Sostenitrice del «deep listening», «ascolto profondo», teorizzato e messo in pratica nel Novecento dalla compositrice statunitense Pauline Oliveros, Maino propone percorsi di «sound memory», così come di storytelling, con laboratori ideati e sperimentati in diversi ambiti, come il festival Portobeseno, sin dal 2005, le attività con il Centro Studi Judicaria di Tione o i vari corsi di formazione che tiene per docenti e studenti. Le pratiche di ascolto proposte, sia ambientale che legate al racconto di storie individuali, si inseriscono profondamente nell’humus di una comunità. In un oggi vissuto in compartimenti stagni, questi laboratori contribuiscono a ridurre la segmentazione sociale poiché vi vengono condivisi valori ancestrali. Tutti vengono messi nelle condizioni di ascoltare un narratore, una narratrice e di porre domande. In questo modo non solo si archiviano le storie di un territorio, giacché ognuno diventa custode del racconto degli altri, ma si incrociano anche esperienze intergenerazionali. Ascoltare, per esempio, da un anziano i suoi ricordi legati alla guerra, fa nascere emozioni che accomunano tutti, poiché legate alla paura della perdita. «Empatia e compassione – sottolinea Sara Maino – permettono a chiunque di sentirsi parte di un’unica comunità ben più ampia di quella locale, una comunità che si chiama “mondo”».