La storia
giovedì 30 Novembre, 2023
di Simone Casciano
Un circolo per stare insieme, per costruire una casa altrove e mantenere vive le tradizioni lasciate nel luogo di partenza. Se le migrazioni cambiano nelle motivazioni e nelle modalità a non cambiare è la ricerca del luogo amato anche in quello di destinazione. E così ecco che a Bruxelles è nato il Circolo dei trentini. O sarebbe meglio dire rinato, per la volontà di un gruppo di giovani, che hanno riattivato il precedente circolo dopo alcuni anni di inattività. Lunedì si è tenuta la serata inaugurale del nuovo circolo che ha eletto la presidente Ludovica Serafini e gli altri 7 membri del direttivo. Si è trattato contemporaneamente di un punto di partenza, per le prossime attività del circolo che conta già su decine di partecipanti, e di un punto di arrivo, per tutto il lavoro fatto dal giovane gruppo del direttivo nell’ultimo anno e mezzo, come ci ha raccontato la neopresidente Ludovica Serafini. Trentunenne di Santa Croce del Bleggio arrivata a Bruxelles cinque anni fa per lavorare come assistente di una parlamentare europea polacca, con una particolare attenzione ai lavori della commissione ambiente.
Serafini com’è nata l’idea di dare nuova vita al circolo?
«Il tutto è nato prima ancora che incontrassi i 7 ragazzi e ragazze che ora fanno parte assieme a me del direttivo. Direi che la nascita risale ad un paio di anni fa, quando sono andata con Trentini nel mondo a un incontro dei circoli del Benelux. Avevo ricevuto l’invito come gli altri trentini che vivono qui, confesso che è stata una giornata che mi ha aperto gli occhi su una dimensione che non conoscevo. Ho conosciuto lì i direttori e i direttivi dei cinque circoli del Belgio, tra cui Filippi, direttore di Charleroi e coordinatore dei circoli del Belgio. È stato lui ad aiutarmi a conoscere la storia del circolo di Bruxelles e assieme a Vittorino Rodari, storico expat trentino a Bruxelles, che teneva i rapporti con gli ex membri, ci siamo incontrati per conoscere cosa faceva prima il circolo e le problematiche che aveva avuto e da lì è nata la voglia di ricreare un circolo e di andare a caccia dei nuovi trentini della capitale belga. Se ne è parlato, abbiamo fatto tanti incontri, alla fine sei di loro hanno mostrato interesse verso il progetto e ora, dopo un anno e mezzo di riunioni nella giungla burocratica di Bruxelles, perché volevamo fosse tutto in regola con la legge belga, abbiamo registrato il circolo e siamo in otto in direttivo».
Avete mappato quindi la nuova immigrazione trentina a Bruxelles, in quanti siete?
«Nella chat che abbiamo creato per conoscerci siamo in 29, che possiamo definire il gruppo più attivo, a questi poi si devono unire i figli dei migranti storici e i trentini arrivati qui da poco, direi che in totale siamo almeno un centinaio».
Secondo la sua esperienza personale e gli incontri fatti com’è la nuova migrazione verso il Belgio? Legata alle istituzioni europee?
«Certo, alcuni sono legati alle istituzioni europee, ma altri lavorano nel settore privato. Ovviamente le istituzioni Ue sono una grande forma di attrazione, ma c’è chi è impegnato in aziende private, ong e tanto altro. In generale direi che si tratta principalmente di laureati che cercano lavori qualificati o molto qualificati».
Una storia di migrazione completamente agli antipodi rispetto ai trentini di un tempo, partiti come minatori
«Sì assolutamente, siamo molto attenti a questa storia. Una delle prime cose che abbiamo fatto come direttivo è stato andare a Charleroi e a Marcinelle dove ci hanno raccontato del terribile disastro. È una storia di migrazione assolutamente diversa dalla nostra, loro erano minatori, un lavoro duro. Noi migriamo con altri obiettivi. Però vogliamo onorare questa storia. Abbiamo realizzato una serie di interviste ai trentini di seconda e terza generazione di Charleroi che ci hanno raccontato cos’è per loro l’Italia e il Trentino. Immagini molto diverse dalla nostra, ma per questo belle».
Cosa vi ha portato a migrare?
«Potrà essere banale ma credo che il fattore principale siano le condizioni lavorative. Inteso come il pacchetto completo, non solo il salario, che ovviamente qui è più alto, ma anche quello che ci sta intorno: flessibilità oraria, possibilità di conciliazione, rapporti sul posto di lavoro orizzontali e in generale una mentalità diversa rispetto a quella italiana dove le opportunità appetibili per chi è molto qualificato sono poche».
Il circolo è nato anche con la volontà di costruire nuove amicizie?
«Sì assolutamente, direi che è nato con l’esigenza di sentirsi a casa anche qui attraverso piccole cose, penso a due parole dette in dialetto, ad una castagnata con il vin brulè e a tutte quelle abitudini che ci mancano. Nasce dalla necessità di riprendere qui tradizioni che avevamo a casa».
Che serate avete organizzato?
«Abbiamo fatto tante riunioni per far nascere il circolo, nell’ottica di entrare nello spirito del circolo. Incontri in cui la cena non poteva mai mancare, andando di casa in casa dei membri del direttivo. Un vero momento di convivialità all’italiana in cui ognuno portava qualcosa. Direi che alle nostre cene il vino trentino non manca mai e anche i piatti. Marzemino, Lagrein e Brulè ci sono sempre e come dolce lo Strudel».
Sarà un direttivo giovane quello del nuovo Circolo?
«Assolutamente. Siamo in otto, c’è Vittorino Rodaro che con i suoi 70 anni è la nostra guida e la continuazione tra il vecchio e il nuovo circolo e che sarà il presidente onorario. Per il resto siamo sette ragazzi e ragazze tutti giovani con età tra i 28 e i 35 anni».
Quali saranno le prossime iniziative del Circolo?
«Il calendario è già fitto. Abbiamo diverse attività in programma per l’anno prossimo, alcune sono solo idee da definire, altre invece sono già più concrete. L’idea è quella di essere interattivi con chi partecipa e organizzare tutti insieme gli eventi che la comunità trentina di Bruxelles vuole sostenere. A gennaio promuoveremo un evento con l’artista Sara Maino che presenterà il suo ultimo lavoro durante una serata del Circolo».
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