Sanità
sabato 7 Settembre, 2024
di Ottilia Morandelli
Quello che restituisce il test di ingresso per accedere ai corsi triennali delle professioni sanitarie, che si è svolto giovedì, in sintesi è abbastanza rassicurante. Su 360 posti totali su otto corsi di laurea, si sono iscritti 433 studenti e se ne sono presentati 385. Per alcuni corsi, come fisioterapia oppure igiene dentale, erano presenti molti studenti, per il primo erano disponibili 25 posti per il secondo 20. La nota che stride? Il corso di infermieristica, che offriva 200 posti, ma ci sono state solo 140 domande.
Ormai è noto che sul territorio trentino mancano questo tipo di figure professionali. Lavoratori su chi dipende il futuro dello stesso Trentino, una provincia in cui avanza l’invecchiamento della popolazione e aumentano i nuclei formati da una solo persona. Un tema questo affrontato negli scorsi giorni anche dall’assessore alla salute Tonina, che ha rimarcato l’importanza di una collaborazione fra Apss, parti sociali e enti, per migliorare le condizioni sanitarie delle persone, in un ottica di welfare nuovo, con particolare attenzione alle cure e all’assistenza a domicilio. Ma come sarà possibile tutto questo se mancheranno le figure professionali specializzate per fornire i servizi necessari ai nuovi bisogni della popolazione? Su questa situazione si è espresso proprio ieri l’Ordine degli infermieri, a fronte di quello che è stato l’afflusso degli studenti al test di ingresso.
«Il problema della carenza di infermieri è complesso e multi causale. L’andamento demografico prevede sempre meno giovani anche in Trentino, che hanno opportunità sempre più ampie di percorsi universitari e non sono orientati a scegliere percorsi formativi che prevedono un impegno costante 7 giorni su 7 per 365 giorni all’anno. La priorità, da subito, è dare valore all’infermiere, una professione essenziale per il sistema salute, altamente qualificata, ma non sempre percepita come tale – spiega il presidente dell’Ordine Daniel Pedrotti – Difficili condizioni di esercizio professionale, organici strutturalmente sottodimensionati, attività improprie richieste, difficoltà a coniugare vita privata e lavoro, scarso accesso a percorsi di carriera specialistica e dirigenziale, retribuzioni inadeguate». Solo alcuni dei motivi per cui dallo stesso ordine degli infermieri viene riconosciuta la poca attrattività della professione. Ma gli interventi non si fermano qui. Il sindacato degli infermieri Nursing Up parla di «emergenza» di carenza di professionisti sanitari. Il segretario Cesare Hoffer spiega come negli anni «aumentino le dimissioni volontarie», per mancanza di riconoscimento economico, senza fornire adeguate risposte alle richieste dei giovani che chiedono «maggior conciliazione vita lavoro e il miglioramento di istituti contrattuali come il part time e la tutela materno infantile». Il sindacato pone poi l’accento sulla necessità di «istituire un tavolo provinciale per affrontare tutti i nodi dell’emergenza, destinata ad aggravarsi». Duro anche Giuseppe Pallanch, segretario della Cisl Fp, che chiosa: «Da tempo chiediamo di togliere i numeri chiusi ma ci sono ancora i test preselettivi e questo non aiuta a trovare soluzioni per rispondere alla carenza ormai cronica di infermieri. Si devono migliorare le condizioni lavorative. Si devono rafforzare i salari e valorizzare e premiare le competenze. Chiediamo di attivare un tavolo di confronto per delineare delle soluzioni». Anche il consigliere provinciale del Pd, di professione infermiere, Paolo Zanella, ha detto la sua: «A fronte di questa situazione servono risposte subito, con politiche serie di trattenimento e attrattività verso la professione, anche attraverso percorsi di sviluppo professionale e campagne mirate».
Per Andrea Bassetti e Giuseppe Varagone, della Uil Fp, «è urgente una revisione totale del sistema; smettere d’interrogarsi nell’immobilismo politico, sperando che avvenga il miracolo di “San Gennaro”. La professione infermieristica non è più una “vocazione” alla Florence Nightingale, ma una dura e difficile realtà lavorativa, sotto gli occhi di una generazione che non ha più voglia di mettersi a servizio di chi soffre. L’assenza di misure normative che differenzino il lavoro di cura da qualsiasi altra attività lavorativa rendono impensabile che con lo stress lavoro correlato, che viene respirato nei luoghi d’assistenza, assenza del giusto recupero psico fisico e misure normo/giuridiche sullo scambio generazionale, qualcuno voglia “immolarsi alla causa”»
L'intervista
di Davide Orsato
Parla il responsabile della nuova scuola di specialità in radiodiagnostica, tra le prime a partire all'interno della facoltà di Medicina. «Disciplina fondamentale per il futuro della sanità: ricerca e prevenzione partono anche da qui»