Il film

venerdì 23 Maggio, 2025

La marcia contro la diga del Vanoi diventa un film. Il regista Marco Pavan: «Racconto la natura e la lotta dei comitati»

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L'autore ha seguito il viaggio di 200 chilometri che ha portato a Venezia le 14mila firme contro l'invaso

Pochi giorni fa, venerdì 23 maggio, nel teatro parrocchiale di Canal San Bovo, è stato proiettato in anteprima «In cammino per l’acqua. Dal Vanoi a Venezia», documentario del regista Marco Pavan. Il film racconta un’esperienza unica: una marcia collettiva di 200 chilometri, partita il 29 ottobre dalle valli tra Trentino e Bellunese e giunta il 6 novembre fino alla laguna di Venezia, per consegnare 14.493 firme al Consiglio regionale del Veneto contro il contestato progetto della diga in Val Cortella. Un’opera che nasce sul campo, al fianco di camminatori, studiosi e attivisti, e che restituisce al pubblico non solo il racconto di un’azione simbolica e concreta, ma anche un’immersione nei paesaggi attraversati, tra bellezze naturali, impatti ambientali e voci plurali. Prodotto dall’associazione Equistiamo e dal Comitato per la difesa del torrente Vanoi, il film ha già ricevuto la Bandiera Verde 2025 di Legambiente, per l’impegno nella sensibilizzazione delle comunità locali. Il docufilm rilancia la mobilitazione contro la diga da 20 milioni di metri cubi che minaccerebbe l’ecosistema della Val Cortella. Un progetto che fa ancora discutere, anche all’interno dello stesso ente progettista, dove (dopo una svolta ambientalista al suo vertice), la gestione uscente vicina alla Lega ha fatto saltare il numero legale in assemblea, costringendo al commissariamento pur di non cedere il controllo dell’ente. Abbiamo intervistato il regista Marco Pavan per comprendere lo spirito e gli obiettivi di questo documentario.

 

Qual è stata la sua priorità nel raccontare questa marcia?
«Realizzare un documentario quale strumento con cui associazioni, gruppi di cittadini ed enti possano sensibilizzare la comunità sulle questioni che riguardano lo sfruttamento delle risorse idriche e le diverse alternative esistenti alla diga del Vanoi. In seconda battuta volevo mostrare i territori attraversati dalla marcia, con le loro bellezze ma anche con le loro contraddizioni e far emergere il forte impatto antropico che si percepisce sempre più man mano che dalla montagna si procede verso Venezia».

 

Come si costruisce un racconto dove anche l’ambiente parla?
«Basta alzare gli occhi e guardarsi intorno, osservare ed ascoltare. Questo è stato un po’ lo spirito di tutta la marcia, ed è anche stato il metodo usato per documentarla, in particolare dando spazio alle interviste. Attivisti, abitanti, professori, camminatori, ognuno ha visto il percorso attraverso una propria lente e ha cercato di condividerla con gli altri anche off camera, ad esempio nei momenti conviviali alla fine delle giornate».

 

Ha girato in movimento, in condizioni variabili, tra persone e natura. Quali soluzioni tecniche ha adottato per mantenere qualità visiva e coerenza stilistica?
«La logistica di tutto il lavoro è stata parecchio complessa. Per le riprese sono stato affiancato da altri sette colleghi e amici (Chiara Becattini, Lorenzo Cassol, Matteo Meldolesi, Aldo Pavan, Luca Rigon, Mauro Romanzi, Ciprian Turutea). Ciascuno ha documentato una giornata di cammino secondo il proprio punto di vista, dando così alle riprese un aspetto corale che rispecchia quello della marcia. Il documentario poi è stato montato in senso cronologico, mantenendo una consistenza stilistica per ciascuna tappa. Indispensabili sono state le musiche originali del compositore Giovanni Schievano, che ha saputo interpretare l’aspetto contemporaneo del documentario e vagamente alienante di alcuni luoghi, e la color correction di Sergio Cremasco, fondamentale quando i mezzi tecnici utilizzati sono vari come in questo caso».

 

Qual è l’effetto che vorrebbe generasse il docufilm, nelle comunità locali o nel dibattito pubblico più ampio?
«Il Comitato per la Difesa del Torrente Vanoi e delle Acque Dolci da quasi vent’anni si trova a dover lottare contro una proposta vecchia, sia dal punto di vista temporale sia per la metodologia e sarebbe ora di cambiare paradigma. Vorrei che si generasse un dibattito, non solo sulla questione puntuale del Vanoi, ma in generale su come utilizziamo l’unico pianeta che abbiamo e sul quale, sostanzialmente, siamo degli ospiti temporanei. E c’è poi una questione precisa: il consorzio Brenta è stato commissariato, in attesa di nuove elezioni dei suoi organi direttivi, che influenzeranno direttamente la fattibilità o meno della diga. Il documentario, spero, potrà essere visto nelle zone dove si vota e potrà aiutare a capire il punto di vista di chi la diga non la vuole, ma anche quali sono le alternative».