L'intervista

domenica 14 Maggio, 2023

La filosofa albanese Lea Ypi: «Il liberalismo post-comunista ha tradito le sue promesse»

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La professoressa alla London School of Economics presenterà martedì, all'Arcadia di Rovereto, il romanzo «Diventare grandi alla fine della storia»

Fine del comunismo in Albania e transizione verso un modello politico economico liberale. Quali gli effetti? Come è stata vissuta la fine del mondo bipolare? A parlarne sarà la filosofa e scrittrice albanese Lea Ypi (in campo internazionale una delle voci più autorevoli di Teoria politica, disciplina che insegna alla London School of Economics) in occasione della presentazione del suo Libera. Diventare grandi alla fine della storia (Feltrinelli, 2022), martedì 16 alle 19 alla libreria Arcadia, in via Fratelli Fontana a Rovereto.

«Lea Ypi ha scritto un romanzo di grande delicatezza e profondità, rivelando doti letterarie, insieme a quelle filosofiche e politiche», afferma Luisa Chiodi, direttrice scientifica di Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, centro studi organizzatore dell’evento in collaborazione con l’Arcadia. «L’accusa che le è stata mossa di essere nostalgica del regime comunista – continua Chiodi, che sarà presente martedì in libreria al fianco dell’autrice – è priva di fondamento: la narrazione, un memoir sulla caduta del comunismo in Albania, è condotta dallo sguardo di una persona giovane, che non capisce le storture di un sistema da cui è abbagliata. Non è un tentativo di riabilitazione del regime, ma con chiarezza vengono presentate la complessità e la sofferenza collettiva di un popolo di cui noi, dei vecchi Paesi membri dell’Europa, siamo poco consapevoli».
Ci saranno altri due appuntamenti per ascoltare Lea Ypi: mercoledì alle 18, nella Sala 1 del palazzo Paolo Prodi in via Gar 14 a Trento, e giovedì 18 alle 9, nell’aula Piscopi, quando affronterà il tema «Whats is Political Progress?», all’interno di «Voices from Contemporary Philosophy», ciclo di incontri coordinati da Tiziana Faitini, Michele Nicoletti e Alessandro Palazzo, del dipartimento di Lettere e filosofia dell’Università di Trento.

Professoressa Ypi, è un caso che il titolo del suo libro autobiografico contenga quello del saggio di Francis Fukuyama, «La fine della storia», in cui il politologo statunitense sostiene come, dopo il crollo dell’Urss e la fine della Guerra fredda, democrazia liberale e capitalismo sarebbero stati i modelli dominanti a livello mondiale?
«Il richiamo, voluto e ironico, è riferito a un breve passo del saggio di Fukuyama. Contrariamente a quanto lui afferma, anche l’esperienza di un piccolo Paese come l’Albania è importante per evidenziare le conseguenze di un liberalismo che ha portato con sé una serie di disastri e di delusioni che hanno tradito le promesse di libertà».

L’Albania raccontata nel suo libro cambia, passando da un modello comunista inumano a uno liberale che ben presto si rivela ingannatore. Parallelamente a ciò, cambia la giovane Lea, che matura la consapevolezza della debolezza di ambedue i modelli politici ed economici. Partire l’ha aiutata a individuare un modello altro da quelli in cui è cresciuta? Lo ha trovato?
«L’ho trovato come processo di ricerca nella prospettiva critica del pensiero filosofico, nella riflessione sul problema della libertà, analizzato come modello strutturato dei diversi sistemi democratici. Se però si va oltre la superficie, ciò che viene presentato come libertà altro non è che il risultato di slogan ideologici che occultano modi più o meno sottili di repressione. Gli ideali, infatti, si scontrano con ideologie che manipolano la nostra percezione di libertà».

La democrazia si ha con la partecipazione. Quando questa manca (in Italia, per esempio, le ultime elezioni politiche hanno visto un’astensione di circa il 37%) quale può esserne la causa?
«Nella democrazia si è liberi tramite la partecipazione attiva alla dinamica politica. Quando i cittadini smettono di parteciparvi anche al livello minimo simbolico, cioè attraverso il voto, è perché c’è uno scollamento fra promesse, istituzioni e libertà. E questo è conseguenza della sfiducia della società civile nelle istituzioni».

La storia sembra insegnarci che i concetti di «libertà» e «democrazia» vengono declinati dal momento in cui sono applicati. Ma è solo in un mondo ideale che sono universali? O, paradossalmente, è universale solo la libertà interiore?
«È la libertà che accomuna tutto il genere umano. È universale, non appartiene al singolo, altrimenti dovremmo parlare di anarchia. La libertà è data dall’assetto di regole razionali che fornisce la possibilità di orientarsi nel mondo, manifestandosi nel dialogo di ogni individuo attraverso la reciprocità delle relazioni. La comunità è la sede del rapporto fra individuale e collettivo e la libertà si manifesta come ricerca di un proprio spazio di autonomia».

In opposizione al pensiero sovranista, in «Deep thought: dialogando con Lea Ypi», documentario del canale europeo Arte, lei afferma che «La migrazione è innocua. È il contesto dell’ingiustizia mondiale il problema». In nome di quale principio questa ingiustizia viene tollerata dalle democrazie?
«Anche in nome della sovranità. Il problema infatti è da considerare nella centralità dello Stato-nazione in un mondo globalizzato, in cui le regole sono dettate dagli Stati-nazione più forti. È così che nascono squilibrio e, di conseguenza, ingiustizia, poiché i pesi della globalizzazione sono distribuiti in modo asimmetrico. La risposta deve essere cercata a livello collettivo, sociale, oltrepassando proprio l’idea di Stato-nazione».

A livello politico, come interviene un filosofo?
«Lo Stato dà al filosofo uno spazio molto limitato (emblematico il caso di Socrate…). In contesti in cui la manipolazione prevale sul pensiero critico, il filosofo cerca di mantenere viva la consapevolezza di valori che appartengono a tutti, ma è un cittadino fra gli altri. Nella promessa della democrazia ritengo non ci possa essere un punto di vista privilegiato, altrimenti sarebbe una soluzione elitista che seguirebbe il modello del “re-filosofo” teorizzato da Platone.