L'editoriale

lunedì 8 Maggio, 2023

Il Golfo persico e la nomina di Di Maio

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La controversa nomina di pochi giorni fa dell'ex ministro degli Esteri, Luigi di Maio, come inviato Ue nel Golfo persico ha suscitato non pochi commenti e critiche. Una nomina ancora più delicata per la centralità geopolitica di quell'area

La nomina di pochi giorni fa dell’ex ministro degli Esteri, Luigi di Maio, come inviato dell’Unione europea nel Golfo persico, sebbene sia ancora in attesa di conferma da parte del Consiglio Ue, ha già suscitato non pochi commenti nel mondo politico e soprattutto tra i cittadini italiani. Da un lato la scelta di un uomo politico italiano riflette l’importanza del nostro Paese nell’ambito europeo. Dall’altro, però, resta il tema delle competenze degli inviati scelti in scenari strategici e di estrema importanza geopolitica, appunto quale il Golfo persico, senza poi sottolineare il frangente storico che stiamo attraversando.
Il Golfo persico, Sinus Persicus o Mare Persicum, tradizionalmente rappresenta una delle zone più strategiche della geopolitica mondiale. Infatti, questo ruolo nevralgico del mondo, insieme allo stretto di Gibilterra e il canale di Suez, sono spesso state mire di potenze globali e regionali. Sin dall’epoca moderna, infatti, in ordine cronologico, i portoghesi, gli olandesi, i britannici, gli americani, i sovietici e oggi i cinesi, hanno tentata di dominarla o influenzarla. Questo poiché il Golfo persico è di fondamentale importanza per gli equilibri di potenza. Sul piano geopolitico, è la connessione tra l’Oceano indiano, Medio Oriente e Mediterraneo allargato; è crocevia tra varie culture e civiltà, quella persiana, indiana, araba, turca e africana. In altri termini un luogo strategico per controllare i flussi economico-commerciali e le relazioni diplomatiche tra almeno tre continenti: Asia, Africa e Europa. Sul piano commerciale, lo stretto di Hormuz (la zona più strategica del Golfo) è rilevante poichè assicura il 40 per cento del traffico marittimo del petrolio mondiale, mentre è una delle principali rotte di navigazione commerciali che collegano l’estremo oriente con il Medio Oriente e l’Europa. A partire dal 1908, con la scoperta del petrolio e successivamente del gas naturale, la rilevanza del Golfo persico si è esponenzialmente intensificata. Infatti, nell’ultimo secolo, i principali produttori di petrolio e gas naturale provengono da quest’area. Basti pensare all’Arabia Saudita, all’Iran, al Qatar e al Kuwait. Infine, sul piano politico-ideologico, il Golfo persico si divide principalmente tra il mondo persiano e quello arabo. Tra un mondo culturale e religioso islamico sciita, con origini zoroastriane (appunto quello persiano), e un mondo arabo-sunnita. Questo ha messo in rilievo negli ultimi decenni forti tensioni, per esempio, tra Iran e Arabia Saudita, dando vita anche a varie guerre per procura in diverse zone del Medio Oriente, come lo Yemen. Inoltre, attori quali il Qatar e la stessa Repubblica Islamica dell’Iran sono stati, e continuano ad essere, principali sostenitori politico-economici dell’Islam politico, spesso con interpretazioni radicali, in varie zone del mondo.
Tutti i Paesi del Golfo persico tuttavia sono governati da sistemi politici autoritari o semi-autoritari. Luoghi in cui, in misure diverse, i diritti fondamentali dell’uomo vengono sistematicamente violati. Basti pensare al mancato rispetto dei diritti dei lavoratori in Qatar e negli Emirati Arabi. Oppure alle repressioni esercitate, da parte di Teheran, nei confronti delle donne e dei giovani che chiedono libertà e democrazia.
Sul piano delle relazioni internazionali, oggi il Golfo persico, è una delle aree contese, nella nuova guerra fredda in corso, tra Washington e Pechino. Per la prima volta però, la Cina è riuscita a mettere sotto scacco il rivale americano, guidando la mediazione diplomatica tra Iran e Arabia Saudita. Quest’ultima, tradizionalmente alleata di Washington si sta avvicinando alla Cina, mentre il regime di Teheran, ormai da anni è nell’orbita di Pechino anche per proteggersi dalla rivoluzione interna pro-democratica e dalle eventuali pressioni occidentali. Pertanto oggi, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, l’equilibrio di potenza, nell’area del Golfo, è a favore del Chung Quo.
Tutto questo mette in luce quanto il ruolo del nuovo inviato UE nel Golfo persico sarà importante. E appunto per questo motivo si richiede attenzione e rigore scientifico da parte dei decisori politici nella nomina degli inviati, rispettando criteri di merito e di competenza. Altrimenti si trasforma la democrazia in un regime senza re.