Il caso

sabato 23 Settembre, 2023

Il Centro rimpatri divide la politica. Valduga: «No ai ghetti». Ma Fugatti condivide la linea di Piantedosi

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La certezza, intanto, è che i Centri per i rimpatri già attivi sono pieni. Solo negli ultimi giorni, i carabinieri di Trento avevano avviato la procedura per l’espulsione di 3 persone ma nessuna di loro è arrivata a destinazione, in uno dei Cpr

Il piano del ministro Matteo Piantedosi per fronteggiare l’aumento degli arrivi di migranti divide la politica trentina. L’ipotesi di un Centro per i rimpatri (Cpr) a Trento piace alla Lega, che con Maurizio Fugatti alla guida della Provincia sta facendo pressione su Roma. Secondo il candidato presidente del centrosinistra non è invece «il provvedimento risolutivo». «Prima di tutto — dice Francesco Valduga — bisogna tornare al sistema di accoglienza diffusa. Non abbiamo bisogno di creare dei ghetti».
Il ministero dell’Interno ha previsto 13 nuovi centri, in aggiunta ai 10 esistenti. Tredici perché il governatore Arno Kompatscher ha ottenuto l’ok dal ministro per una struttura in Alto Adige, vicino all’aeroporto di Bolzano e solo per i migranti irregolari presenti in Alto Adige. Non si sa ancora, però, se il ministero abbia acconsentito alla richiesta di Fugatti di prevedere un Cpr anche in Trentino: a Spini di Gardolo (a Trento) ci sarebbe una struttura della Provincia già disponibile. In tal caso, ci sarebbero due strutture da 25 posti anziché una sola da 50 in regione.

In Trentino, dunque, la Lega sposa la linea di Piantedosi, anche perché qui «l’assenza di un Cpr mette in difficoltà le nostre forze dell’ordine che devono eseguire le espulsioni», ha spiegato nelle settimane scorse Fugatti. In Veneto, invece, il governatore Luca Zaia ha detto chiaramente che «il Cpr non risolve il problema degli arrivi, questo lo dobbiamo dire per essere corretti nei confronti dei cittadini, visto e considerato che quest’anno avremo più o meno 140-150mila persone che dovranno essere rimpatriate, e si consideri che mediamente ogni anno l’Italia riesce a far rimpatriare dalle 3.500 alle 4.000 persone, quando va bene». Sulla stessa lunghezza d’onda le dichiarazioni del presidente leghista della Lombardia Attilio Fontana.

All’interno dei centri sono trattenuti i cittadini stranieri irregolari e i richiedenti asilo considerati una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica. E da ieri c’è una novità. I richiedenti asilo devono pagare quasi 5mila euro se non vogliono essere trattenuti fino all’esito del loro ricorso contro il rigetto della domanda. Lo prevede un decreto di Piantedosi.
«Siamo arrivati alla monetizzazione del diritto», commenta incredulo Francesco Valduga. «Il piano del governo non è affatto risolutivo — prosegue il candidato presidente del centrosinistra alle prossime elezioni provinciali — Al posto dei Cpr, abbiamo bisogno di un sistema di accoglienza diffuso che permette di monitorare, conoscere e includere i migranti. Se all’interno di questo percorso ci si accorge che c’è chi delinque allora può essere allontanato, ma prima dobbiamo garantire un sistema di accoglienza. Non possiamo lasciare queste persone in un limbo. Non abbiamo bisogno di ghettizzazioni». Contro i Cpr si è espresso anche il candidato presidente di Onda Filippo Degasperi: «Sono palliativi di un governo che non è in grado di fare il proprio lavoro e scarica tutto sulle Regioni».

La certezza, intanto, è che i Centri per i rimpatri già attivi sono pieni. Se ne sono accorti, in questi giorni, anche le forze dell’ordine in Trentino. Solo negli ultimi giorni, i carabinieri di Trento avevano avviato la procedura per l’espulsione di 3 persone, irregolari sul territorio nazionale, denunciate per reati di vario tipo. Ebbene, nessuna di loro è arrivata a destinazione, in uno dei Cpr. In questi casi non resta che intimare le persone a lasciare l’Italia entro 7 giorni. Un avviso che spesso si rivela inefficace. È successo con 2 uomini, fermati dai carabinieri perché stavano litigando con delle bottiglie in mano. Erano entrambi senza documenti: sono stati portati in caserma, dove è stata accertata la loro identità. Erano già stati colpiti da un ordine di allontanamento. Sono stati quindi accompagnati in questura per essere nuovamente espulsi. Il tutto, però, è finito in un nulla di fatto. Una situazione simile si è verificata nel weekend, sempre a Trento, quando i carabinieri hanno arrestato un 30enne tunisino: era ritornato in Italia dopo l’espulsione. È stata eseguita, invece, l’espulsione di un 26enne di nazionalità marocchina trovato a spacciare. Il suo Cpr di destinazione è stato quello di Potenza. Quelli più a nord erano già strapieni.