il caso

venerdì 2 Dicembre, 2022

Iiriti salva 50 pianoforti: «Uno era di Verdi. Nessuno li vuole, ma potrebbero essere una grande opportunità per il territorio»

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50 pianoforti antichi dalle Marche a Riva. «Pensavo di ridare loro una vita, ma non c’è interesse»

Quando lo scorso anno è casualmente venuto a sapere che quell’inestimabile patrimonio musicale sarebbe andato perduto o disperso, Mauro Iiriti non ci ha pensato due volte e in quattro e quattr’otto ha organizzato una spedizione per andarlo a recuperare: ben cinquanta pianoforti antichi, che rischiavano di finire chissà dove in seguito alla chiusura del museo privato di Fabriano dove erano custoditi, accumulati in anni e anni di febbrili ricerche da due fratelli appassionati e musicofili, Claudio e Valerio Veneri. Alla testa di un convoglio formato da un autotreno e da cinque furgoni, l’imprenditore rivano è sceso nelle Marche e ha sgomberato a sue spese il museo prima che le autorità lo chiudessero per problemi di sicurezza sismica. Un lavoro immane e pesantissimo, come ricordano lo stesso Iiriti e i suoi collaboratori, per cui però non prova nessun pentimento. Ora infatti quei pianoforti si trovano in bella mostra presso il negozio di Sant’Alessandro, privi però di un’adeguata cornice: pezzi unici o rarissimi, come lo Joseph Danckh sul quale Giuseppe Verdi compose l’opera «Aroldo» (foto in basso); o il piano codino costruito nel 1790 da Carlo Arnoldi detto “il Trentino” (foto in alto) di cui restano al mondo solo sei esemplari; o il piano coda da concerto di Gabriele De Vero, anno 1850, di cui non si conoscono altri esemplari; o ancora il Tafel Klavier della manifattura Joseph Schantz realizzato nel 1795 insieme all’unico suo gemello custodito nell’«Holburne Museum» di Bath. E che dire dello «stradivari del pianoforte», il fortepiano Grand «Johann Schanz», posseduto da personalità del calibro di Joseph Haydn e Ludwig van Beethoven? O del Cottage Cabinet Piano «William Jenkins & Son» del 1840, con una sproporzionata parte superiore in cui sono alloggiate verticalmente le corde? Un patrimonio straordinario, che i due fratelli marchigiani hanno ceduto in comodato d’uso a Iiriti nella speranza che nel basso Sarca, terra di tradizioni e di istituzioni musicali, potessero trovare una nuova casa in cui poter risplendere di nuovo. Ma dopo i primi contatti con le due principali amministrazioni, solo silenzio. E intanto quei cinquanta, prestigiosissimi pianoforti che hanno fatto la storia della musica sono rimasti silenti in negozio, senza che ci sia stato qualcuno che abbia proposto a Iiriti la realizzazione di un museo. «Quando sono andato a prenderli – ha raccontato – pensavo che avrei avuto la coda di pretendenti alla mia porta. E invece… A Fabriano il museo dei fratelli Veneri staccava 4mila biglietti l’anno. Chissà quanto interesse quegli strumenti potrebbero suscitare dalle nostre parti se si trovasse una struttura adeguata in cui esporli e in cui farli vivere di nuovo, magari organizzando concerti specifici dopo averli fatti restaurare. Tanto più – ha continuato Mauro Iiriti– che i responsabili del conservatorio locale sarebbero disponibili a creare una cattedra di piano antico approfittando della presenza sul territorio di questi esemplari e gli organizzatori di Musica Riva avrebbero già dato la loro disponibilità a creare una sorta di sezione dedicata agli strumenti antichi all’interno del festival estivo. Eppure, dopo un paio di incontri sia con gli amministratori di Riva che con quelli di Arco, non ho più sentito nulla. Quei pianoforti – ha concluso sconsolato – sono andato a salvarli perché pensavo che saremmo stati capaci di dare loro una nuova vita. E invece dovrò pensare a come liberarmene, visto che in negozio mi stanno portando via troppo spazio». Progettare un’esposizione permanente in realtà non sarebbe complicato: insieme ai pianoforti, infatti, Iiriti ha portato via anche tutti gli oggetti con cui i fratelli Veneri avevano allestito le sale del loro museo. Il materiale ci sarebbe tutto. Manca solo uno spazio adeguato, in un territorio in cui spesso ci si è trovati a domandarsi come poter utilizzare cubature e volumi a disposizione della comunità. A dire il vero, poco tempo fa si è fatto vivo il sindaco di Ala, Claudio Soini, per verificare la disponibilità dell’imprenditore a trasferire quegli strumenti nella valle dell’Adige: lì, a palazzo de Pizzini, si trova già un piccolo museo del pianoforte antico, che raccoglie la collezione privata della pianista Temenuschka Vesselinova. Un semplice abboccamento, per ora. Tuttavia la pazienza e l’entusiasmo di Mauro Iiriti sono terminati e in un modo o nell’altro quei preziosissimi pianoforti se ne andranno dal suo negozio. Se finissero fuori dal nostro territorio, si tratterebbe di un’occasione perduta.