Ambiente
domenica 30 Ottobre, 2022
di Leonardo Omezzolli
Nirmal Purja, alpinista nepalese celebre per aver scalato tutti gli 8000 nel tempo record di 189 giorni, sale sul Monte Rosa a Capanna Margherita, a 4.554 metri, con delle scarpe da trekking e si prende gli insulti del web. Sulle nostre Dolomiti si moltiplicano gli avvistamenti di alpinisti in infradito, tecnicamente impreparati e completamente all’oscuro di cosa significhi vivere e frequentare l’ambiente montano. Contemporaneamente il dualismo e la dialettica tra tutela ambientale e promozione turistica mostrano il proprio limite oggettivo nella gestione (assente) del turista-visitatore, ammaliato da immagini selvagge e aspre delle nostre vette e completamente inerme davanti alle difficoltà ambientali e morfologiche che si devono affrontare anche durante una semplice passeggiata. Montagne come villaggi turistici a cui affiancare moderne infrastrutture: impianti di risalita, allargamenti stradali, nuove attrazioni (vie ferrate, ponti tibetani ecc.) e rifugi sempre più ampi, adatti a contenere un crescente numero di persone.
Abbiamo raggiunto il presidente del Collegio delle guide alpine del Trentino, Gianni Canale, con il quale abbiamo cercato di fare il punto della situazione insieme a chi la montagna la vive per passione lavorando al fianco e in stretta sinergia con il settore turistico.
Cos’è per te la montagna?
La montagna è il nostro habitat naturale, il luogo che ci permette di sopravvivere. Cerco sempre di tenerlo a mente e questo mi aiuta a rispettarla e ad averne cura. Dipendiamo direttamente dalle risorse che la montagna ci offre, anche quelle meno tangibili, come ad esempio la bellezza e l’armonia del paesaggio, che sono alla base della fruizione turistica. La montagna è una maestra muta, non ha voce, eppure nel silenzio arrivano i più grandi insegnamenti.
Come vorresti che fosse la montagna del domani?
Vorrei che fosse un esempio per un rapporto equilibrato e duraturo tra l’uomo e la natura. Mi piacerebbe che anche le generazioni future possano godere di questo splendido ambiente, che imparino a comprenderne i contrasti e i meccanismi che ne regolano questo fragile equilibrio.
Il futuro dei rifugi. Ripristinare una più rigida funzione di riparo o declinarli verso una più aperta esperienza alberghiera?
A mio parere il rifugio deve restare tale e non diventare un hotel in quota. Sono contento che le persone frequentino la montagna, ma allo stesso tempo, escursionisti e alpinisti, devono accontentarsi di trovare un bel piatto caldo e un posto tranquillo lontani dalla frenesia cittadina e sempre a contatto con la natura. La funzione essenziale dei rifugi dislocati in montagna è quella di essere il presidio del territorio. Sono luoghi vissuti da gestori che diventano profondi conoscitori del luogo che li circonda. Una funzione fondamentale che permette a loro e a chi vuole frequentare quei luoghi, di avere conoscenza in tempo reale dei cambiamenti del territorio circostante (rischi e pericoli annessi). Sono quindi presidi attivi che possono essere prontamente d’aiuto a chi fruisce della montagna. Allo stato attuale credo che abbiamo già raggiunto un livello sufficiente e non credo si debba andare oltre, non portiamo gli hotel in quota.
Fin dove si può spingere l’antropizzazione delle montagne e la facilitazione all’accesso a vette o paesaggi più estremi? Devono rimanere prerogativa di chi ha le competenze tecniche?
Nell’ottica di lasciare intatti degli spazi di libertà e allo stesso tempo di salvaguardare la fragilità degli ecosistemi in quota, credo sarebbe corretto fermare le infrastrutture ad una quota indicativa, diciamo attorno ai 2.500 m s.l.m, lasciando aperta la possibilità di raggiungere con i propri mezzi e le proprie forze le cime e quei piccoli lembi di terra che, lassù in alto, possono ancora fungere da luoghi dell’anima. L’idea di voler portare tutti, ovunque, senza alcuno sforzo, è un approccio consumistico che mal si sposa con la montagna. Uno dei migliori insegnamenti offerti dalla montagna è il «senso del limite»: un principio etico molto importante per muoversi sul territorio con rispetto ed equilibrio. La montagna prima ti fa l’esame e poi ti insegna. Reputo sia un grande valore essere consapevoli delle proprie capacità e accontentarsi di godere della bellezza della natura anche solo guardandola dal basso. Inoltre credo fortemente che la bellezza dei panorami della montagna e le emozioni che riescono a suscitare siano amplificati dalle esperienze che ognuno di noi ha maturato frequentando le quote più alte.
In che misura vanno ascoltati i segnali che la montagna ci sta mandando: dal surriscaldamento globale allo scioglimento dei ghiacciai?
Innanzitutto dobbiamo tenere presente che la montagna in generale è soggetta, a cadenza assolutamente imprevedibile, a eventi catastrofici come quelli che sono accaduti in questa stagione estiva appena conclusa. Eventi che si verificano anche (ma certamente non solo) su cime famose e molto frequentate. Altrettanti distacchi, fortunatamente, capitano anche su montagne poco frequentate e in momenti in cui non ci sono persone. Questo per dire che non è ragionevole abbandonare la frequentazione delle montagne in senso assoluto, bisogna invece affrontarla con prudenza, conoscendo le condizioni degli itinerari, studiarli in anticipo, ecc. Inoltre, l’incidenza dell’innalzamento delle temperature sulle montagne è cosa nota da tempo alle Guide alpine, che hanno ben presente il problema e, nei limiti delle conoscenze possibili, valutano le condizioni e prendono decisioni di carattere puntiforme e puntuale (sugli specifici itinerari e sul momento preciso) per minimizzare i rischi, trovando vie d’accesso alle cime delle montagne al riparo dai pericoli più evidenti.
Quali iniziative si possono introdurre per sensibilizzare i fruitori della montagna ad averne un corretto approccio?
Sicuramente dei video sui canali social possono educare ad un corretto approccio alla montagna, ma è difficile cambiare le abitudini di un adulto. Credo siano più necessari dei piani strutturati a lungo termine. Il nostro futuro sono i giovani, che lo creeranno. Credo che sia fondamentale far entrare la montagna nelle scuole, attraverso professionisti che la raccontino, che portino i ragazzi a far vivere il nostro territorio, perché un giorno ne diventeranno sia i frequentatori che gli amministratori. Capire il territorio che ci circonda, è la chiave per non rovinarlo.
Come contrastare il fenomeno della sottovalutazione e quindi evitare che ci siano utenti non attrezzati e senza le adeguate conoscenze e/o competenze per affrontare sentieri, vie attrezzate ecc.
Per affrontare la montagna in modo corretto e consapevole ritengo che le Guide Alpine e gli Accompagnatori di Media Montagna siano le figure più competenti in grado di trasferire la propria formazione e professionalità alle persone, esperte e meno esperte, con ricadute sicuramente positive su tutto il territorio montano.
Quali sono le principali buone pratiche per vivere in simbiosi con l’ambiente montano e comportarsi correttamente per non incorrere in problemi di sicurezza /salute o di pericolo per se stessi e per gli altri?
Credo sia importante avvicinarsi alla montagna con consapevolezza e rispetto e con una buona conoscenza del territorio. Non basta avere un buon abbigliamento, un GPS o altri dispositivi tecnologici per poter affrontare la montagna. È importante saper individuare le possibili fonti di pericolo, per mettere in atto tutte le possibili protezioni per ridurre ed arrivare ad un rischio accettabile.
Alcune indicazioni importanti:
• Prima di partire pianificare bene il percorso
• Scegliere il percorso adeguato alla propria preparazione
• Scegliere equipaggiamento e attrezzatura idonea
• Consultare i bollettini metereologici
• Meglio partire in compagnia
• Lasciare detto a qualcuno le informazioni sull’itinerario scelto
• Prestare attenzione alla segnaletica lungo il percorso
• Non esitare a tornare sui propri passi
• In caso di incidente chiamare il 112
• Se sei un principiante non avere problemi a chiedere consigli o affidarti a chi ci vive e lavora in montagna: la Guida Alpina e l’Accompagnatore della Montagna.
Come vive una guida alpina il proprio lavoro nel contesto attuale?
La professione di Guida Alpina è un lavoro sicuramente difficile e faticoso, ma allo stesso tempo fortunato, privilegiato e affascinante, che permette di vivere a stretto contatto con l’elemento naturale nel corso di tutte le stagioni. Una figura, in Trentino come nel resto d’Italia, che si è evoluta per stare al passo con i tempi e le esigenze della società attuale, ed oggi copre un raggio d’azione che va dall’accompagnamento escursionistico alla didattica nelle scuole, cercando di trasmettere anche aspetti che trascendono il lato tecnico delle varie discipline, e che spesso riguardano un approccio alla montagna più generale.