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giovedì 25 Maggio, 2023

Gardini (Confcooperative): «L’alluvione in Emilia-Romagna, peggio del Vajont. Iccrea-Ccb, in futuro saranno insieme»

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Il presidente di Confcooperative al Festival dell'Economia con il panel «Un nuovo modello di capitalismo tra sostenibilità e diseguaglianze»

Viene da giorni di reale preoccupazione. Conserve Italia, consorzio cooperativo di cui è presidente, come tante aziende romagnole, è stata allagata. Una situazione più gestibile di quella che affrontano gli agricoltori, annota Maurizio Gardini, che è anche presidente di Confcooperative. Molti di loro – anch’essi cooperatori – hanno visto i terreni sparire sotto il manto impenetrabile dell’acqua. E se gli impianti non si salveranno, dovranno aspettare almeno tre anni per rivedere i frutti del proprio lavoro. L’alluvione dell’Emilia-Romagna è un dramma che impone uno sguardo al futuro. «Occorrerà in qualche modo di reinterpretate l’esistente alla luce dei cambiamenti climatici», dice Gardini.
Come si possono accompagnare le imprese cooperative, specialmente quelle agricole, in un clima di crescenti eventi catastrofali? Estendere coperture assicurative è prioritario?
«Sono sinceramente preoccupato. Ciò che è accaduto è stato un evento estremo (sono caduti in poco più di 32 ore 800 milioni di metri cubi di acqua, molto più del Vajont). Ma si è aggiunto a un contesto, come tanti, interessato da fragilità: dalle grandinate alle gelate. Ora che dobbiamo lavorare sulla ricostruzione, occorre pensare a un nuovo contesto diverso dal passato. Ogni volta che si presenta una calamità inseguiamo la copertura assicurativa. Il tema non è tanto estenderla, quanto renderla accessibile. Per un’impresa è più semplice assicurarsi contro rischi catastrofali; per un agricoltore non è così immediato. Il contesto in cui opera è fuori da ogni possibilità di controllo e tutelarsi diventa eccessivamente costoso. Bisogna sperimentare nuovi modelli assicurativi».
«Il futuro del futuro» è il tema del festival dell’Economia. L’impresa cooperativa come si adatta allo scenario di crescente complessità?
«Il futuro per la cooperazione c’è nella misura in cui si pone davanti alle esigenze dei cittadini ed è capace di generare una risposta risolutiva rispetto a un problema. Abbiamo puntato sul festival perché vorremmo che fosse il festival delle economie. Da una parte l’economia dell’io, rappresentata dal capitalismo, che mette in gioco il profitto, la valorizzazione di un investimento e l’attesa di un profitto; dall’altra l’economia del noi, l’economia sociale che mette al centro l’uomo e la risoluzione di problemi. Costruire un Paese con una maggior coesione sociale oggi è necessario. I soggetti dell’economia sociale possono gestire questa grande sfida, facendosi carico di un ruolo sussidiario. È una sfida innovativa, che anche l’Europa ha inserito tra le priorità e che compare tra gli obiettivi dell’Agenda 2030, di cui le imprese sociali possono essere massime interpreti».
Vediamo che le cooperative assumono dimensioni sempre più importanti. Confcoperative raggruppa 17 mila realtà per 529.000 occupati e conta 3,1 milioni soci. Conserve Italia, il consorzio attivo nella trasformazione dei prodotti ortofrutticoli che lei guida, ha un fatturato di quasi 1 miliardo. In uno scenario di mercato che evolve, essere grandi è diventata un’esigenza?
«Le cooperative non devono necessariamente diventare grandi, né per statuto né per definizioni. Le cooperative devono essere sostenibili nel loro mercato di riferimento. Se per essere sostenibili devono diventare più grandi, acquisire economie di scala o essere competitive, allora lo devono fare. Ma senza perdere di vista valori, obiettivi e l’essenza dell’essere cooperativi. Significa riposizionare come primo anello della catena di valore il prodotto conferito. Il conferimento è l’oggetto della valorizzazione, non il capitale investito. Quando le aziende diventano grandi va comunque garantito un processo di partecipazione democratica e di mutualità».
Nel mondo del credito vale lo stesso? In Trentino, dalla fusione di Cassa di Trento e Cr Novella Alta Anaunia, nascerà una banca regionale da 32 mila soci, progetto accolto con qualche critica da Federcoop.
«Non entro nel caso specifico perché della partita ho colto solo alcuni aspetti dialettici. Certo che, anche parlando di banche di credito cooperativo, tanto più se grandi, risulta necessario trasferire ai soci esempi di mutualità, consentendo loro di mantenere vantaggi anche sociali».
All’epoca della riforma del credito cooperativo, fu stabilita la creazione di due gruppi bancari cooperativi, Iccrea e Cassa centrale banca (Ccb). Continueranno a coesistere in futuro o vede una futura convergenza a ragione di maggior efficienza?
«A suo tempo, ero tra coloro che auspicavano la creazione di un unico gruppo. Non ci sono state le motivazioni per farlo, ma il percorso è stato ugualmente significativo. Le due capogruppo oggi fanno un buon lavoro. Ciascuna secondo la missione che si è data. Hanno chiuso bilanci positivi, consolidando i patrimoni e andando a irrobustire la forza del sistema. In ottica futura, vedo possibile maturare una convergenza. Certo, le banche di credito non devono troppo esasperare il concetto di efficienza. Altrimenti significa acconsentire all’abbandonano dei territori in ragione del business. Stiamo cercando di combattere gli obiettivi stringenti fissati dalla vigilanza Bce perché crediamo che vada riconosciuta la specificità sociale del credito cooperativo».
Il mondo cooperativo sta affrontando il suo personale inverno demografico. L’incidenza delle cooperative giovanili attive è scesa al 4,9%.
«Purtroppo è vero. Notiamo un minor appeal delle cooperative agli occhi dei giovani. Il 14 giugno, a Roma, in un convegno parleremo proprio di come promuovere di più la cooperazione».
Nei giorni del festival, ci saranno a Trento ben 20 esponenti del governo Meloni, in carica da ottobre. Quale giudizio ne dà Confcooperative?
«Il rapporto e il dialogo con noi si è avviato positivamente. Di fronte alla tragedia dell’alluvione, lo stanziamento di 2 miliardi è stato importante. Sono poi stati aperti tavoli che giudichiamo importanti: dalla riforma fiscale, che sarà il vero banco di prova alla riforma del welfare. In più, il governo dimostra di essere attento sul tema delle politiche agricole e della sovranità alimentare. Compensa così le politiche europee serrate. Siamo europeisti convinti, ma abbiamo sofferto molto l’approccio di Bruxelles sui fitosanitari e la visione rigorosa sul tema delle banche».