Sella Giudicarie

domenica 24 Settembre, 2023

Gabriele Vidoli rifugista a 20 anni: «Qui, da sempre, mi sento a casa»

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Il giovane è gestore del rifugio Trivena, in Val di Breguzzo, che venne inaugurato nel 1987 da suo nonno Dario

«Il rifugio venne inaugurato nel 1987 da nonno Dario». Queste le prime parole di Gabriele, 20 anni, con lo sguardo rivolto alle vette che sovrastano la Val di Breguzzo. Storico gestore del rifugio Trivena conosciuto da tutti in Giudicarie, a poco più di un anno dalla sua dipartita, Dario Antolini continua a essere una presenza indimenticabile. Dario era il nonno di Gabriele, che ha raccolto un’eredità importante guidando il rifugio.
La storia del rifugio Trivena è molto particolare, è legata indissolubilmente a Dario, che amava la Val di Breguzzo, ed è riuscito con perseveranza e volontà a trasformare quella che prima era la casa dei minatori e poi una casa vacanze, affittata al Cai Sezione di Castiglione delle Stiviere, in un rifugio alpino. L’impegno non fu solo verso l’immobile, che era da ristrutturare completamente e per il quale era necessario ottenere anche la classificazione a «Rifugio Alpino» dal servizio turismo della Provincia valutati i dovuti requisiti (distanza dal centro abitato, quota, interesse alpinistico ed escursionistico della zona di ubicazione). L’impegno fu anche verso il territorio e l’appeal turistico ed escursionistico con l’adeguamento della strada di accesso e la ricerca di sentieri non tracciati sulle carte, ai tempi esisteva infatti un unico sentiero Sat, per giunta completamente sprovvisto di segnaletica.
«Il rifugio – spiega Gabriele – offre uno splendido punto panoramico a 1650 metri. Da qui la vista è completamente aperta, lo sguardo va alle alpi ledrensi, alla Val Gavardina dove svettano cima Ussol e cima Madris, si intravede talvolta parzialmente anche il Cadria nascosto completamente dalle piante della vallata che sale. Trivena è anche il punto di partenza per itinerari più impegnativi come Porte di Danerba o il Cop di Breguzzo».
Parte ora l’ultimo mese di apertura estiva, poi il meritato riposo, ma il pensiero è già proiettato alla stagione invernale, la preferita di Gabriele, nonostante porti con sé più difficoltà logistiche rispetto l’estate. Il rifugio è aperto tutti i giorni dal 17 giugno, ultima domenica di questa stagione l’8 ottobre. Una stagione estiva che ha offerto molto ai visitatori. La conca di Trivena è solcata dal limpido torrente Arnò, torrente che corre la Val di Breguzzo per tuffarsi a fondo valle nel Sarca, il corso d’acqua crea con i suoi salti e le sue tortuosità numerosi bacini d’acqua calma nei pressi del rifugio. In questi bacini c’è una buona pescosità di trote «Fario» e salmerini, per chi è sprovvisto di licenza di pesca il rifugio è disponibile a fornire il permesso nelle giornate stabilite dal regolamento vigente. Quindi pesca, alpinismo e arrampicata. Agosto è stato all’insegna degli appuntamenti musicali, come da tradizione, e ora ci si prepara all’esplosione dei colori autunnali.
La prossima stagione inizierà a fine dicembre, primo evento in programma il cenone di Capodanno con la fiaccolata. Dopodiché comincia il divertimento, il bianco inverno offre in questi posti tante attività adrenaliniche: sci alpinismo, ciaspole, discesa con slittini, sci estremo e freeride.
«Durante la stagione fredda la gestione del rifugio è logisticamente più complessa: l’approvvigionamento, l’accesso, le valanghe; una volta in rifugio però la neve ti permette di arrivare ovunque, infinite possibilità e vie da aprire e scoprire… un paradosso che amo».

Gabriele, da sempre escursionista, già accompagnatore di media montagna, ha lavorato per anni a fianco della famiglia nella gestione del rifugio, maturando un interesse sincero verso la montagna: «Quella che da piccolo era quasi un’imposizione, un’abitudine domenicale a volte quasi monotona si è trasformata con il tempo in una vera passione, andare in montagna per me oggi non è solo evasione: è studio e apprendimento».
E così, oltre a quella per sentieri, boschi e vette, quest’estate Gabriele ha scoperto la passione per la gestione dell’attività di famiglia, impegnandosi in prima persona, a fianco di mamma Cristina, nonna Clorita e diventando un esempio trainante per i giovanissimi Davide e Pietro, il fratello e il cugino.
La famiglia Antolini/Vidoli propone un rifugio tradizionale a gestione familiare. Prodotti del territorio, piatti semplici e genuini come canederli, polenta, goulash, e d’estate anche prodotti a km 0 come il salmerino di montagna pescato direttamente nell’Arnò.
«Vogliamo diffondere una gestione ambientale sostenibile ed efficiente, partendo dall’organizzazione della struttura di accoglienza in quota: la posizione favorevole della sorgente ci procura acqua e luce, prodotta attraverso una turbina». Si stanno mettendo a sistema buone pratiche per ridurre gli impatti ambientali e raggiungere l’efficienza energetica, gestendo ecologicamente la produzione di energia attraverso l’utilizzo dell’acqua.
Cucina genuina, attenzione all’ambiente e condivisione umana. «Voglio continuare ad essere presidio di accoglienza e conoscenza del territorio, com’era nonno, all’insegna dell’informazione, della condivisione e dell’inclusione».
Dario, infatti, oltre a gestire il rifugio accompagnava gli escursionisti, nella stagione estiva, e soprattutto durante quella invernale come esperto istruttore di sci alpinismo. Faceva parte del soccorso alpino e il suo impegno era quello di informare chi si spingeva in alta quota, su eventuali rischi o imprevisti che in montagna sono sempre in agguato. «Il nonno conosceva la montagna e sapeva interpretarla, ma soprattutto gestirne gli imprevisti. Aveva un consiglio utile per tutti e amava condividere la sua esperienze anche attraverso la scrittura». Tra gli scaffali del rifugio si trovano: «La leggenda de i “foleti”del Dos de l’Asen», «Il campanile di Trivena una storia di montagna», «l’Arco dell’Amore…lungo il sentiero delle Taiade» e i «Cannoni della Val di Breguzzo», libri usciti dal pugno di Dario e accompagnati dai disegni della figlia Erma, zia di Gabriele.
Libri e storia. La sala da pranzo del rifugio è un vero e proprio museo, costituitosi con i resti della Grande Guerra trovati lungo i sentieri. «La testata della Val Breguzzo infatti fu parte del fronte occidentale dell’Impero Austro Ungarico, a testimonianza di ciò molti oggetti raccolti dal nonno ed esposti raccontano la dura vita del soldato». Parte della collezione di Dario è esposta anche nello stallone-museo «Nodo di storie» inaugurato l’estate scorsa. L’ex stallone a supporto della sovrastante malga, recuperato e riconvertito in museo ospita oggetti, installazioni, foto, testimonianze scritte sulla Val di Breguzzo, valle di lavoro, di cave, di miniere, di acqua e di natura, di pascoli, di animali ma anche di guerra. Lo stesso sentiero che dal parcheggio auto conduce al rifugio è una vecchia mulattiera militare.
«Un altro punto a favore del rifugio – aggiunge Gabriele – è la comodità di accesso, per questo possiamo dire che è proprio per tutti. Non solo per alpinisti o super sportivi, come punto di partenza per vette più alte, ma anche per visitatori meno preparati come famiglie con bambini piccoli o persone anziane che trovano nel rifugio la meta del loro viaggio» Il rifugio è infatti raggiungibile con una camminata di circa un’ora, o con una jeep (con l’adeguato permesso di transito).
Stupisce forse la giovane età di Gabriele che invece si trova perfettamente a suo agio nel ruolo di gestore di un rifugio di montagna. «Ora i rifugisti giovani come me cominciano ad essere tanti. C’è bisogno di un ricambio generazionale, ma soprattutto penso si senta il bisogno di tornare alla natura e il desiderio di essere attivi e partecipi nella gestione del nostro territorio, qui da sempre mi sento a casa, in famiglia, in parte è stato naturale sentire la