Lavoro
lunedì 21 Luglio, 2025
Fuga di cervelli: dal Trentino nel 2024 emigrati 861 giovani, il 63% sono laureati
di Redazione
Rispetto al 2023 si registra un aumento del 38%, rientri e nuovi ingressi ammontano solo a 181. I sindacati: «Fenomeno allarmante e in grande crescita»

L’anno scorso sono emigrati dal Trentino 861 giovani tra i 18 e i 64 anni, 241 in più del 2023 pari al +38%. Si tratta del numero più alto degli ultimi quindici anni, anche se l’impennata dipende anche dall’entrata in vigore di una norma più severa sul mancato aggiornamento della residenza all’anagrafe. In provincia sono invece entrati – o rientrati – dall’estero solo 181 giovani: il saldo negativo è quindi pari a 680 persone.
Ma, soprattutto, il 63,1% dei giovani che emigrano sono laureati: il dato è del 2023, in crescita sul 61% del 2022 e anche in questo caso la quota più elevata dal 2011 e la seconda nel Nord Est, dopo il 65,7% di Padova. Da Bolzano nel 2024 sono emigrati ben 1.699 giovani, ma solo il 35% di essi è laureato. Lo spiega la Fondazione Nord Est nel suo rapporto su «Giovani e mobilità nelle province del Nord Est».«I dati della Fondazione Nordest, se non risultano drammatici in termini assoluti, sono però allarmanti per la tendenza» commentano i segretari generali di Cgil CIsl Uil del Trentino, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Largher. «La fuga dei giovani trentini, per lo più laureati, verso altri paesi è ormai un fenomeno strutturale e in costante crescita. Se a questo si associano i dati demografici che vedono un calo progressivo di bambini e ragazzi sul totale della popolazione, si capisce facilmente come tutte le prospettive di una reale ripresa della natalità e di un contenimento dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più irrealistiche». Secondo i sindacati «invece di pensare a misure spot che rischiano di avere solo un effetto tampone sprecando ingenti risorse, bisogna affrontare i veri nodi della perdita di attrattività del nostro territorio. Il Trentino infatti paga caro il dazio a una domanda di lavoro delle imprese di bassa qualità». Bisogna ripartire dalle proposte degli Stati generali del lavoro «che ormai da quattro anni sono rimaste inattuate, messe in freezer dalla Giunta provinciale. Serve intervenire con politiche strutturali sulla domanda di lavoro, ossia sui posti di lavoro creati dalle imprese locali che devono avere maggiore attrattività sia dal punto di vista retributivo, sia da quello della possibile crescita professionale. Va poi ridotto il tasso di precarietà: oggi in Trentino il 37% dei giovani tra 20 e 34 anni lavora a tempo determinato contro il 30% dell’Alto Adige e il 15% del Tirolo. Va infine affrontata davvero l’emergenza abitativa che rischia di penalizzare proprio i giovani».
Infine, concludono Grosselli, Bezzi e Largher, «serve un vero e proprio piano provinciale per l’innovazione del nostro sistema economico, in modo che i giovani, trentini e non, possano trovare nella nostra provincia opportunità di impiego capaci di dare loro occasioni di carriera e di crescita. Confidiamo che l’annunciato patto con le imprese e con la Provincia, una volta sciolti i nodi che abbiamo posto alla Giunta, possa essere un primo passo verso un Trentino che inverta la tendenza della fuga dei cervelli».