sanità

martedì 25 Ottobre, 2022

Fibrosi cistica, grazie ai donatori si amplia il centro all’ospedale di Rovereto

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Quattro nuovi locali, in sostituzione dell’unico ambulatorio precedente, permetteranno la presa in carico contemporanea di più pazienti

Un poliambulatorio, negli spazi dell’unità operativa di Pediatria dell’ospedale di Rovereto, munito di strumentazioni all’avanguardia per la diagnosi e cura della fibrosi cistica: 4 nuovi locali, in sostituzione dell’unico ambulatorio precedente (che era decollato nel 2007), per permettere la presa in carico contemporanea di più pazienti, in un ambiente ristrutturato, sicuro ed accogliente, in grado di coniugare le esigenze sanitarie con quelle del benessere psicologico dei pazienti.

Inaugurato ieri, alla presenza di medici, dell’assessora alla salute Stefania Segnana, del direttore generale dell’Azienda sanitaria  Antonio Ferro e delle associazioni di volontari che hanno contribuito alla sua realizzazione il Centro è stato confermato come fiore all’occhiello nella riorganizzazione sanitaria provinciale per poli d’eccellenza. Come ha spiegato Ugo Pradal, primario di Pediatria nonché responsabile del Centro, a Rovereto ora ci sono strumenti specifici di enorme rilevanza e rarità, come la cabina pletismografica, un box trasparente entro cui avviene la misurazione della quantità di aria contenuta nei polmoni, fornendo però informazioni aggiuntive rispetto alla tradizionale spirometria.

La cabina non solo è fondamentale per diagnosticare e valutare tutte quelle patologie che causano insufficienza respiratoria, ma viene usata anche per monitorare l’efficacia delle terapie in atto. Altro strumento di grande importanza ora in forza all’ospedale Santa Maria del Carmine, da utilizzare sia su neonati, sia su adulti, è il capnografo, un sistema di monitoraggio transcutaneo dei gas ematici che permette di stabilire, in modo non invasivo, dunque senza dover procedere a prelievi di sangue, il grado di compromissione della funzione respiratoria. Sono entrambi macchinari costosi, (27 mila euro, circa) acquistati grazie alle donazioni. Quasi fosse una nemesi, il primario di Pediatria ha così potuto scherzare: «Se prima dovevamo ricorrere a strumentazioni in carico ad altri ambulatori, ora sono gli altri ambulatori a ricorrere a noi per queste macchine». Uno scherzo, ovviamente, ma che la dice lunga sull’eccellenza del quadro che ha preso forma.

A fare da pendant alle magie della tecnica, poi, tutta una nuova generazione di farmaci che rappresentato l’ultima frontiera per la cura della fibrosi cistica: «L’efficacia dei trattamenti – ha assicurato con entusiasmo Pradal – continua a migliorare, oggi è possibile una terapia eziologica, basata sul genotipo del paziente (mentre ieri la si poteva basare unicamente sul trattamento delle complicanze). I risultati sono eccezionali. Certamente i nuovi farmaci non sono adatti per tutti, almeno il 30, o 40 per cento dei pazienti appartiene a un genotipo non contemplato dai nuovi farmaci, ma è questione di tempo. Ho la certezza che in un futuro ormai prossimo la terapia con i nuovi farmaci sarà una certezza per tutti».

Parole di soddisfazione sono state ovviamente espresse dall’assessora Segnana, da Stefano Fattor in rappresentanza dell’Itas (agenzia che ha in essere progetti mutualistici di rilievo sociale) e dalle rappresentanti delle associazioni di volontariato che hanno fortemente contribuito alla realizzazione del Centro grazie alle donazioni, Angela Trenti, presidente della Lega italiana fibrosi cistica del Trentino e Bruna Cainelli presidente dell’Associazione trentina fibrosi cistica nazionale.
L’ottica di ospedale diffuso, in continuo contatto con le reti di volontariato, oltre che con la medicina di famiglia, capace di mobilitare in contemporanea pubblico e privato, rappresenta ciò che maggiormente è funzionale a una visione sanitaria moderna, ha rilevato il direttore generale: «Il Centro rende più funzionale la struttura di riferimento provinciale per la fibrosi cistica – ha detto Ferro – un Centro che, operando in stretta sinergia con Verona, permette ai pazienti trentini di essere curati vicino a casa riducendo così gli spostamenti per accedere alle strutture extra provinciali. Quest’area permetterà di gestire, secondo i più moderni standard di efficacia ed efficienza, i pazienti grazie alla presenza, in un’unica zona, di tutto quanto necessario, permettendo al contempo di separare i percorsi ambulatoriali da quelli dei ricoveri». L’ospedale di Santa Maria del Carmine, del resto, ormai rappresenta un polo d’eccellenza in vari settori, basti pensare, ad esempio, che è l’unico nel Nord Italia, assieme a Treviso, a possedere la strumentazione per eseguire la risonanza magnetica al polmone. Tanto che Pradal lo ha definito “attrattivo per i giovani medici” proprio perché offre occasioni preziose sul piano della ricerca.

Grandi speranze, dunque, per i pazienti colpiti da fibrosi cistica, malattia genetica grave che conduce al progressivo sviluppo di insufficienza respiratoria e pancreatica. Grazie a nuovi strumenti terapeutici (come le aerosolterapie a base di antibiotici che fluidificano le secrezioni interne, gli interventi fisioterapici, la somministrazione di “modulatori” capaci di recuperare in parte la funzionalità della proteina compromessa nella fibrosi cistica) la prognosi di questa malattia è molto migliorata negli ultimi anni. Tuttavia, dicono i dati nazionali, continua a colpire in media un neonato su 2500-3000 tra la popolazione bianca (la percentuale è meno severa per i neonati di colore, per i quali i casi sono di un bambino su 15 mila ed è ancora più favorevole per i tipi asiatico-americani, poiché colpisce un neonato su 32.000). Causata dalla mutazione di un gene responsabile del trasporto di cloro e bicarbonato fuori dalle cellule epiteliali, è causa di disidratazione e di alterazione dei fluidi corporali. Ne derivano grandi problemi per l’apparato respiratorio, ma anche per l’apparato digerente.

Va da sé che per il trattamento di una patologia tanto severa quanto subdola è indispensabile la stretta collaborazione tra varie discipline specialistiche. Ed è, dunque, un approccio multidisciplinare quello che deve connotare anche il Centro di Rovereto, perché l’ammalato ha bisogno di uno staff di specialisti composito, che contempli l’azione congiunta di medici, infermieri, fisioterapista, dietista, psicologo, microbiologo, radiologo, e così via. E in un momento particolare per la salute pubblica, come quello attuale, ha ricordato Segnana «l’inaugurazione degli ambulatori riservati ai pazienti affetti da fibrosi cistica, con percorsi dedicati a salvaguardia della salute di tutti, rappresenta non solo un traguardo quanto piuttosto un nuovo punto di partenza. Per i medici in primis che quotidianamente si impegnano per dare risposte a pazienti e familiari con sensibilità e professionalità ma anche per tutti coloro che – grandi e piccoli – convivono con la patologia e che da oggi possono contare su spazi confortevoli e dotati di strumentazione tecnologica all’avanguardia».