SULLE PISTE
sabato 7 Gennaio, 2023
di Davide Orsato
Uno spettro si aggira per le piste da sci, perseguitando i soccorritori, già impegnati con il superlavoro dovuto all’assalto post-apertura (e, soprattutto, post-nevicate). È quello dei falsi allarmi dovuti all’attivazione degli autoallarmi degli smartwatch, una funzione utilissima che ha già salvato molte vite in montagna, spesso quelle dei ciclisti caduti lungo i sentieri durante le escursioni estive, ma che d’inverno rischia di creare più di una seccatura a quanti lavorano per garantire la sicurezza di tutti. Basta una banalissima (e comunissima) caduta mentre si scende con gli sci o con lo snowboard. Una di quelle da cui ci si rialza senza tanti problemi. Nel frattempo, però, l’ultimo modello di smartwach (dall’Apple watch, al suo rivale Galaxy watch, fino ai dispositivi di aziende come Garmin e Tag Heuer pensati per gli sportivi, oppure altri sistemi salvavita realizzati da ditte specializzate come Beghelli) ha già inviato l’allarme. Un segnale che, se lancianto nel territorio provincia e arriva direttamente sui monitor della centrale del Nue di via Pedrotti, quartiere Cristo Re, Trento, e che fa scattare la «catena di comando» dell’emergenza. Con la relativa segnalazione ai soccorritori più vicino, spesso una squadra già sul posto, se la caduta avviene sulla pista di un comprensorio sciistico. Peccato che, nove volte su dieci, l’allerta non sia giustificata e — mentre la macchina dei soccorsi si attiva — lo sciatore si sia già rialzato e stia proseguendo la discesa, quasi sempre inconsapevole dell’allarme che ha fatto partire.
Il fenomeno è esploso quest’anno, con la diffusione degli smartwatch di ultima generazione, come conferma la direttrice del Nue, Silvia Marchesi. «Quello che l’anno scorso era capitato poche volte al mese — spiega — ora avviene su base quotidiana — abbiamo fino a cinque casi al giorno. Il 90% sono falsi allarmi, con lo sciatore che si rialza e prosegue la sua attività». Un bel problema, perché — per forza di cose — i soccorritori si devono attivare comunque. «Noi dobbiamo sempre dare lo stesso peso alle allerte che ci arrivano, è una questione di etica e di deontologia — prosegue Marchesi — anche se il nostro sistema permette di distinguere quelle che arrivano dagli smartwatch. Fortunatamente, i nuovi modelli hanno quasi sempre un numero di telefono collegato che ci viene mostrato nel display». Questo consente di richiamare i proprietari dei dispositivi da cui è partito l’allarme, non sempre con successo. «Raramente ci rispondono, spesso sono persone che stanno sciando e non si accorgono se il loro cellulare suona. A questo punto vengono contattati i soccorritori presenti sulle vicinanze, che effettuano un giro sul posto per assicurarsi che nessuno sia a terra. Fortunatamente i segnali sono molto precisi». Gli smartwatch non sono gli unici dispositivi a causare falsi allarmi. «Gli stessi problemi li abbiamo con le apparecchiature installate sulle auto — conclude Marchesi — in quel caso rischiamo un maggior dispendio in termini di personale e di mezzi impiegati, perché occorre raggiungere la posizione. Poi si scopre che magari l’auto ha toccato un muretto». Sia chiaro, la tecnologia aiuta. «Questa strumentazione — è la raccomandazione finale della direttrice della centrale unica delle emergenze — può davvero salvare la vita. Basta un po’ di attenzione e, soprattutto, consapevolezza, da parte di chi la utilizza. Con un po’ di attenzione si può mettersi in contatto con il 112 e far cessare l’allarme».
di Redazione
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La sentenza
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Per Pietro Denise, operaio di una ditta che opera nel campo del porfido la pena, la pena è stata ridotta da otto anni a sei anni e otto mesi, con il riconoscimento delle attenuanti generiche
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Accanto all’ospedale vero e proprio infatti è prevista la realizzazione della cosiddetta Cittadella della Formazione in cui confluiranno sia la Scuola di Medicina che le diverse Scuole delle Professioni Sanitarie
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La squadra mobile di Trento ha sventato la truffa e denunciato un uomo veneto. L'intento del 49enne era quello di far legare la vittima a un contratto per l'acquisto di prodotti di arredamento