Grandi carnivori

martedì 22 Luglio, 2025

Morte di F36, due cacciatori a processo per l’uccisione dell’orsa

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L'autopsia aveva stabilito la morte violenta, quattro le persone indagate per cui la Procura aveva richiesto l'archiviazione ma due andranno a giudizio

Alla fine ci sarà un processo per la morte di F36. L’orsa era stata trovata morta il 27 settembre del 2023. Il T era stato il primo giornale a rivelare che dall’esame autoptico era risultata una morte violenta. Sulla carcassa dell’animale era infatti stato rilevato un foro di entrata e di uscita di un proiettile. Per la vicenda erano stati indagati 4 cacciatori della zona, i cui cellulari erano agganciati a una cella vicina alle zone del ritrovamento della carcassa al momento della morte dell’animale. Per tutti loro però la procura aveva poi chiesto l’archiviazione, una decisione contro la quale avevano poi fatto ricorso le associazioni animaliste.

 

Di oggi la notizia che due degli indagati andranno a processo: «F36 era un’orsa condannata a morte da Fugatti perché responsabile di avere semplicemente seguito due escursionisti senza alcun contatto – ricorda la Lav in un comunicato – Grazie al nostro intervento il Tar Trentino annullò la condanna a morte, ma Fugatti si premurò di emettere immediatamente un nuovo atto per la cattura e la condanna all’ergastolo dell’orsa. Successivamente, a settembre 2023 il cadavere di F36 venne rinvenuto in val Bondone. Le analisi compiute dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie avevano permesso di rinvenire tracce di piombo sul corpo dell’animale, confermando così il fatto che F36 era stata uccisa da mano umana. Secondo le ipotesi investigative, l’uccisione era stata posta “in essere senza alcuno stato di necessità come le evidenze della posizione dimostravano che l’animale non doveva trovarsi nella posizione di attacco”. Se fosse confermato il coinvolgimento di due cacciatori, sarebbe ancora una volta dimostrato che il loro dichiararsi paladini della tutela della biodiversità è solo uno slogan vuoto di contenuti ma utile a una sorta di green washing a vantaggio di una categoria di cittadini che passa il proprio tempo divertendosi ad ammazzare gli animali selvatici».