Il personaggio

martedì 27 Dicembre, 2022

Enrico Nol, il contadino a caccia di moglie. «L’ho cercata in tv, ma non è andata bene»

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Trentino e star di un reality: «Non ho trovato l’amore ma solide amicizie». Origini marchigiane, a 15 anni ha aperto un’azienda agricola a Soraga: «Ho iniziato con una vacca e un vitello, adesso ho 65 animali, che non ho mai smesso di seguire»

Il pubblico televisivo l’aveva lasciato così: in una calda giornata estiva nella sua adorata val di Fassa, con un bacio appassionato a Gioia, una delle «concorrenti» della trasmissione trasmessa sulla rete Nove, «Il contadino cerca moglie». Contadino, Enrico «Nol» Tarquini lo è davvero, fino a dentro le viscere. Un lavoro sognato e inseguito fin da quando era bambino, tanto da essere finito dritto nel soprannome: «Nol »non è altro che «bacanòl», piccolo bacano, troncato, uno dei tanti modi ed è una definizione che Enrico si porta dietro fin dalla più tenera età. Quando si dice la vocazione. Nol, di Castello di Fiemme, ma l’azienda agricola è a Soraga, già in val di Fassa, è stato il più giovane partecipante dell’ultima edizione del reality, nonché protagonista indiscusso, grazie alla sua innegabile autenticità.
Il programma televisivo, giunto alla sua sesta edizione, cerca con alterna fortuna di «accoppiare» un agricoltore diretto / allevatore (in questa edizione tutti uomini) con delle ragazze che fattorie e stalle le hanno viste solo in tv. Enrico ha avuto tre pretendenti: la barese Nicole, la toscana Ilenia e la padovana Gioia, alla fine la prescelta. Ma, simpatia e feeling evidente a parte, è durata poco. Quando le puntate sono andate in onda, la «storia — lampo» era già finita.
Oggi, Enrico «Nol» parla volentieri dell’esperienza, evitando accuratamente il lato romantico.
Perché non è andata con Gioia?
«Si può dire che quella storia non è mai iniziata. Forse non faceva tanto per me».
Le è piaciuto partecipare al reality? Gli spettatori lo hanno visto molto conteso fra le tre ragazze…
«L’esperienza è stata positiva ma, se devo essere onesto, non tanto per le ragazze. La cosa bella è stata conoscere gli altri concorrenti, ragazzi che fanno il mio stesso lavoro, che hanno scelto la mia stessa vita. Ci siamo visti in qualche occasione, a parte il ragazzo toscano (Teodoro, altoatesino di origini, ndr) e si è creato un forte legame di amicizia. Con loro ci si capiva, ma per il resto mi sembrava tutto una realtà troppo lontana dai miei orizzonti».
In effetti, lei ha sempre parlato, anche durante la trasmissione, di una vera e propria vocazione… quando l’ha scoperta?
«È sempre stato così, il contadino era il lavoro che volevo fare fin da bambino. Quello per cui mi sento di essere nato».
Una tradizione di famiglia?
«Macché. I miei genitori vengono dalle Marche, mio padre è venuto qui per gestire un albergo, mia madre è insegnante. Anch’io sono nato fuori regione, a San Severino Marche».
Non si direbbe, parla anche ladino…
«In valle parlo solo ladino, poi so un po’ di tedesco, mi sento di questa terra».
E come è partita la sua azienda agricola?
«Si chiama “Sa Mont”: ho iniziato da zero, con una vacca è una vitella. Avevo 15 anni. Poi, un po’ alla volta, sono arrivato ad avere 65 animali su dodici ettari di terreno. La scelta è stata assolutamente consapevole, se avessi voluto una vita più comoda e tranquilla avrei potuto proseguire in albergo».
Cosa produce?
Sono un socio della cooperativa Latte Trento. Il latte che viene prodotto serve anche per la produzione di formaggi tipici, tra cui il puzzone di Moena e il Cuor di Fassa.
E come è finito in tv?
Mi hanno iscritto i miei amici, un po’ per fare una sfida tra noi. Sanno che sono fatto un po’ così, sembro timido ma in realtà sono un cavallo pazzo, mi piace vivere la vita. Ma senza mai venire meno ai miei dovere lavorativi. Sono stato chiaro con la produzione: mi sarei messo a disposizione per le scene, ma senza rubare un secondo alle cure dei miei animali».
Ma alla fine, programmi come «Il contadino cerca moglie», intrattenimento leggero a parte, riescono a comunicare qualcosa su quella che è la vita di chi lavora nel settore agricolo?
«Spero proprio di sì, e in effetti questo è stato l’aspetto che spero sia emerso di più, almeno nella mia parte di programma: quando ho sfidato le ragazze a fare le mozzarelle, o quando c’è stato da sistemare la stalla. Ci sono molti pregiudizi nei confronti della nostra categoria, vanno combattuti».
Quali sono?
«Si pensa che i contadini siano persone che vivono fuori dal mondo. D’estate magari veniamo insultati perché usiamo lo spargiletame, ma senza questi lavori non esisterebbe nemmeno la montagna come la conosciamo. Il nostro paesaggio è figlio anche delle attività umane portate avanti nei secoli».
Se dovesse passare un messaggio, solo uno, di cosa significa fare «la vita del contadino», quale vorrebbe che fosse.
«Che è un lavoro che si innova continuamente nel rispetto dell’ambiente. È, soprattutto, il lavoro che dà da mangiare alla gente: l’insalata non nasce nelle buste di plastica del supermercato. E viene fatto ogni giorno con passione, nonostante la fatica e i costi folli che dobbiamo sostenere».