Grandi carnivori

domenica 26 Maggio, 2024

Cucciolo di orso albino morto, De Guelmi: «Grave l’assenza di un veterinario»

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Lo zoologo Zibordi: «Fondamentale realizzare un nuovo piano di gestione»

Il giorno dopo la notizia del cucciolo di orso albino trovato morto sopra Garniga i giudizi degli esperti del settore non mancano e l’operato provinciale non ne esce con una promozione piena. C’è chi dà una bocciatura secca, criticando la scelta di non convocare in zona un veterinario, e chi pur comprendendo le ragioni dell’azione dei forestali invoca un nuovo piano di gestione che definisca chiaramente quali atteggiamenti attuare.

De Guelmi critico
L’ex veterinario provinciale e grande esperto di orsi Alessandro De Guelmi si dice critico sui dettagli emersi dell’intervento. «Il dirigente del Servizio foreste Giovannini dice che si è agito secondo protocollo, ma io mi chiedo quale procedura dica che un forestale ha la competenza sanitaria per stabilire la salute di un animale selvatico». Secondo De Guelmi, una volta constatato che il cucciolo si trovava in difficoltà, sul posto sarebbe dovuto essere convocato un veterinario. «Io sono d’accordo che bisogna favorire il ricongiungimento con la madre – spiega De Guelmi – Ma lei lo riprende solo se è in condizioni fisiche buone, se l’animale è debilitato e collassato allora bisogna intervenire». E pur non conoscendo il caso da vicino secondo De Guelmi proprio questa è la fattispecie che si è verificata domenica 12 maggio sopra Garniga sul sentiero che porta verso malga Albi. «Un orsetto così, di meno di 5 mesi, se sta bene non riesci a prenderlo, scappa e allora è ovvio che lo lasci andare – osserva De Guelmi – Ma quando è in stato di collassamento, come si intuisce dalla foto e dal fatto che i forestali lo hanno preso e spostato, vuol dire che doveva essere curato. Trovo poco opportuno che i forestali si siano arrogati la decisione di valutarne lo stato di salute». Anche perché, conclude De Guelmi, «ricordo che si tratta di un animale estremamente protetto, e quindi è imperativo salvarlo e poi concedergli una chance di vivere in libertà».

Zibordi: «Tra cura e libertà»
La questione è molto complessa secondo lo zoologo Filippo Zibordi. «La difficoltà è quello di valutare la possibilità di salvezza contro il rischio di una vita in cattività – spiega Zibordi – Se lo si preleva probabilmente la madre lo abbandona e il rischio è che l’orso non torni più in libertà». Questo perché le cure necessarie, se prolungate, potrebbero portare l’animale a sviluppare una confidenza con l’uomo che ne rende poi sconsigliato il rilascio in natura. Secondo Zibordi il confine è davvero delicato e sottile. «Comprendo che da un punto di vista di un veterinario l’interesse sia salvaguardare la salute del singolo individuo e se le cure sono di breve durata è forse possibile il rilascio, ma dall’altra è anche vero che la natura fa il suo corso e la mortalità tra i cuccioli di orso è alta».

I precedenti
Non è però la prima volta che un cucciolo di orso viene salvato in Trentino: è successo recentemente con M89 e precedentemente con M11 e M56. De Guelmi ricorda quei casi. «Ho partecipato sia all’intervento per M11 sia a quello per M56, in entrambi i casi assieme all’ex forestale Stoffella un campione dell’allevamento e la cura dei cuccioli». Un processo che è stato fatto mantenendo la figura dell’uomo il più lontano possibile dall’animale e che ha infine portato alla loro liberazione. «M11 fu visto sul Monte Baldo ed è poi sparito. Di M56 non abbiamo più avuto notizie e questo dimostra che non è diventato confidente dopo la sua liberazione». Discorso diverso invece quello di M89, il cucciolo salvato a giugno 2023 e da allora ospite del Parco Faunistico di Spormaggiore.

Un nuovo piano di gestione
Quello su cui concordano sia Zibordi che De Guelmi è la necessità di un nuovo piano di gestione. «Il Pacobace ha fatto il suo corso – spiega Zibordi – Serve un nuovo piano o aggiornare quello esistente rispetto alla realtà attuale del Trentino e che preveda a monte che interventi prendere per non farsi poi guidare dall’emotività del momento». «Immaginiamoci un sindaco che deve gestire l’urbanistica senza un Piano regolatore, è una cosa impossibile – spiega De Guelmi – Noi invece gestiamo i grandi carnivori, senza un piano dedicato. Mettiamoci tutti a un tavolo, litighiamo per ore, ma usciamone con un documento valido. Altrimenti il rischio è che la politica prevalga sulla scienza nelle scelte».