Il profilo

lunedì 30 Gennaio, 2023

Chi è l’anarchico Alfredo Cospito e di cosa è accusato

di

Da mesi sta attuando lo sciopero della fame per protestare contro le forme di detenzione a cui è sottoposto nel carcere sassarese di Bancali: cioè il regime del 41 bis

Forse non tutti i lettori hanno sentito parlare di Alfredo Cospito. Nelle ultime settimane il suo nome è però risuonato anche nelle cronache locali: era citato nelle scritte apparse a Trambileno dopo il recente incendio a un ripetitore telefonico, così come in quella a Bolzano dopo un imbrattamento (con vernice rossa) all’ingresso della sede Rai. Ed è dei giorni scorsi il corteo a Trento durante cui gli anarchici hanno distribuito volantini per chiederne la liberazione. Alfredo Cospito è infatti un anarchico. E da oltre due mesi sta attuando lo sciopero della fame per protestare contro le forme di detenzione a cui è sottoposto nel carcere sassarese di Bancali: cioè il regime del 41 bis. Quello introdotto a suo tempo nel codice penale per combattere la mafia stragista dei corleonesi.
Cospito, 55 anni, origini pescaresi, è il primo anarchico nella storia della giustizia italiana a cui è stato applicato. Ora non può più andare andare in palestra e accedere ai libri. Stop anche alle quattro ore di aria al giorno, ridotte a due. A Bancali si tratta di una misura particolarmente pesante visto che l’aria la si prende, diciamo così, in un cubicolo di cemento di pochi metri quadri con perimetro fatto di mura che impediscono la benché minima visuale. E con il cielo oscurato da una rete metallica. Mentre le celle della sezione 41 bis, come ha da tempo segnalato il Garante nazionale dei detenuti, sono state realizzate in un’area ricavata, scavando, al di sotto del livello del mare, con aria e luce naturale che filtrano solo attraverso piccole finestre poste in alto sulla parete, corrispondenti all’esterno al livello di base del muro di cinta del penitenziario. In più, e soprattutto, è scattato il divieto totale di corrispondenza.
Fino allo scorso aprile Cospito, che si trova in carcere a Sassari già da sei anni, era detenuto in regime di alta sicurezza. Poi è scattato il 41 bis, proprio per via dei suoi scambi di lettere con altri anarchici e degli scritti che inviava all’esterno del carcere affinché venissero pubblicati su riviste e soprattutto siti di area anarchica. Una circostanza che i giudici hanno valutato come segnale dell’esistenza di una vera e propria organizzazione anarchica strutturata in chiave criminale e terroristica: nella fattispecie si tratterebbe della Fai, che sta per Federazione anarchica informale (non quindi la gloriosa sigla della Federazione anarchica italiana fondata ufficialmente nel 1945 a Carrara). Il che non è semplice da provare, non fosse altro perché da sempre, storicamente, il movimento anarchico rifiuta quelle strutture gerarchiche che sono invece tipiche delle associazioni sovversive. Benché Cospito sia in effetti riconosciuto da un certo mondo anarchico come un ideologo importante.
I reati per i quali l’anarchico è in carcere, sia chiaro, sono gravissimi. In particolare quello per cui è stato condannato a dieci anni e otto mesi: cioè il ferimento il 7 maggio 2012 a Genova, a colpi di pistola alle gambe, dell’ingegner Roberto Adinolfi, dirigente di Ansaldo Energia, un attentato che ha anche rivendicato orgogliosamente (oltre a lui un altro anarchico, Nicola Gai, è stato condannato a nove anni). Poi, altri vent’anni per due bombe esplose nel 2006 alla Scuola Carabinieri di Fossano, in Piemonte: in questo caso è stata ritenuta responsabile anche la sua compagna Anna Beniamino, per lei 16 anni di carcere. L’accusa a entrambi era di strage, benché gli ordigni non avessero provocato alcun ferito, e il processo era arrivato fino in Cassazione, che però – pur confermando l’impianto della sentenza di secondo grado – ha rinviato tutto ai giudici d’appello accogliendo la richiesta della Procura generale, secondo cui il reato andava riqualificato in «strage politica». Che prevede come pena l’ergastolo ostativo. Cioè senza alcun tipo di beneficio.
A Torino la Corte d’appello, accogliendo alcune eccezioni della difesa dei due anarchici, ha rinviato la palla alla Corte costituzionale affinché valuti la congruità di un tale passo, proprio in considerazione del fatto che le due bombe non hanno provocato vittime. Il che, questione sottile di proceduta penale, potrebbe far scattare quelle attenuanti in grado di bilanciare le aggravanti. La Consulta è infatti chiamata a decidere se si può applicare o meno l’attenuante della particolare tenuità del fatto al reato di strage politica. A Cospito viene infatti contestata la recidiva reiterata specifica e quindi teoricamente non si potrebbe operare alcun bilanciamento. Se però la Corte costituzionale sentenziasse a suo favore, la pena potrebbe non essere più quella dell’ergastolo.
C’è però di più. Nel frattempo, contro l’applicazione del regime del 41 bis, il legale di Cospito aveva presentato un ricorso anche al Tribunale di Roma. Che lo ha respinto. Con questa singolare motivazione: «A fronte di un profilo elevatissimo di pericolosità sociale non risulta alcun segno di ravvedimento o di dissociazione del detenuto il quale anzi dimostra di non aver effettuato alcun percorso di revisione critica». Singolare perché sembra profilare una forzatura del senso del 41 bis, che ha storicamente avuto come scopo quello di evitare i contatti tra il boss mafioso e il suo gruppo criminale di appartenenza. Nel caso di Cospito, invece, sembra che il regime di carcere duro sia usato non a scopo preventivo di ulteriori reati (che in ipotesi potrebbero compiere altri anarchici in contatto con il detenuto su sue altrettanto ipotetiche indicazioni), bensì come elemento di pressione. Appunto per portarlo al pentimento. C’è già chi ha parlato tecnicamente di tortura, anche al di fuori di un ambito strettamente anarchico. Ma senza andare così in là, quest’ultima decisione (almeno per come è stata motivata) puzza di Stato etico lontano un miglio. E sempre fermo restando la gravità dei reati che Cospito ha compiuto.
Mentre i giudici sentenziano o rinviano, e mentre gli anarchici in tutta Italia protestano lungo il sottile confine che divide legalità e illegalità (ma anche in Grecia: basta pensare agli attentati ad Atene contro le auto della diplomatica italiana Susanna Schlein), Alfredo Cospito prosegue il proprio sciopero della fame. Ha già perso oltre 25 chili e le sue condizioni sono destinate ad aggravarsi. A Torino, in deposizioni spontanee, giorni fa ha detto così: «Visto che dal carcere continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca per sempre: continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo Paese». Al di là del giudizio sul Cospito terrorista, sui suoi reati, sul movimento anarchico più o meno insurrezionalista, la questione è semplice: siamo disposti ad accettare senza battere ciglio che un detenuto protesti, fino a morirne, contro il regime di carcerazione a cui è stato sottoposto in nome del popolo italiano?