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venerdì 2 Dicembre, 2022

Censis, dal 2019 un milione di poveri in più: aumentano le paure economiche sul presente e sul futuro

La quasi totalità degli italiani (il 92,7%) è convinta che l'accelerata dell'inflazione durerà a lungo e che bisogna pensare subito a come difendersi.

Il 56esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese redatto da Censis fotografa un’Italia in cui aumentano le paure economiche di pari passo con l’aumento della povertà diffusa. Aumentano di un milione i poveri in tutto il Paese dal 2019.
Al vertice delle insicurezze personali degli italiani c’è per il 53% il rischio di non autosufficienza e invalidità, seguito a ruota dalla paura di rimanere vittima di reati (il 51,7%) e il 47,7% che non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia. Alla quarta posizone il 47,6% ha paura di perdere il lavoro e quindi di andare incontro a difficoltà economiche, il 43,3% teme di incorrere in incidenti o infortuni sul lavoro, il 42,1% di dover pagare di tasca propria prestazioni sanitarie impreviste.

La quasi totalità degli italiani (il 92,7%) è convinta che l’accelerata dell’inflazione durerà a lungo e che bisogna pensare subito a come difendersi. Il 76,4% è convinto che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari nel prossimo anno, il 69,3% teme che nei prossimi mesi il proprio tenore di vita si abbasserà (e la percentuale sale al 79,3% tra le persone che già detengono redditi bassi), il 64,4% sta ricorrendo ai risparmi per fronteggiare l’inflazione. La moneta che perde valore – spiega il Censis – rompe l’argine tra i tradizionali «garantiti» e i «non garantiti» del mondo del lavoro, colpendo anche i percettori di redditi fissi, lavoratori dipendenti e pensionati, non solo i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori.

Nell’ultimo decennio i reati denunciati in Italia si sono ridotti complessivamente del 25,4% e oggi l’Italia è il Paese statisticamente più sicuro di sempre pur sottolineando come una delle principali paure degli italiani sia proprio quella di rimanere vittima di qualche reato. I crimini più efferati, gli omicidi volontari, sono diminuiti dai 528 del 2012 ai 304 del 2021 (-42,4%) – ricorda l’Istituto di ricerca sociale -. Sono in forte contrazione i principali fenomeni di criminalità predatoria – ricorda il Censis -: in dieci anni le rapine sono diminuite da 42.631 a 22.093 (-48,2%), i furti nelle abitazioni da 237.355 a 124.715 (-47,5%), i furti di autoveicoli da 195.353 a 109.907 (-43,7%). Nell’ultimo decennio sono aumentate solo alcune fattispecie di reato: le violenze sessuali (4.689 nel 2012, 5.274 nel 2021: +12,5%), le estorsioni (+55,2%), le truffe informatiche (+152,3%).

Per l’87,8% degli italiani sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e quelle dei dirigenti, per l’86,6% le buonuscite milionarie dei manager, per l’84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l’81,5% i facili guadagni degli influencer, per il 78,7% gli sprechi per le feste delle celebrities, per il 73,5% l’uso dei jet privati. «Nonostante l’astio verso i privilegi – chiarisce il Censis – non si registrano fiammate conflittuali, intense mobilitazioni collettive attraverso scioperi, manifestazioni di piazza o cortei. Si manifesta invece una ritrazione silenziosa – spiega l’Istituto guidato da Giuseppe De Rita – dei cittadini perduti della Repubblica».

Sono più di 1,9 milioni le famiglie in povertà assoluta in Italia, il 7,5% del totale e cioè 5,6 milioni di persone pari al 9,4% della popolazione. I poveri in Italia sono aumentati di 1 milione di persone dal 2019.  «Il 44,1% dei poveri italiani risiede nel Mezzogiorno – aggiunge l’Istituto guidato da Giuseppe De Rita -. I giovani 18-24enni usciti precocemente dal sistema di istruzione e formazione sono il 12,7% a livello nazionale e il 16,6% nelle regioni del Sud, contro una media europea di dispersione scolastica che si ferma al 9,7%».

Mediamente nei Paesi dell’Unione europea la quota di 25-34enni con il diploma è pari all’85,2% – ricorda il Censis – in Italia al 76,8% e scende al 71,2% nel Mezzogiorno. È inferiore alla media europea anche la percentuale di 30-34enni laureati o in possesso di un titolo di studio terziario: il 26,8% in Italia e il 20,7% al Sud, contro una media Ue del 41,6%. Il nostro Paese detiene anche il primato europeo per il numero di Neet, i giovani che non studiano e non lavorano: il 23,1% dei 15-29enni a fronte di una media Ue del 13,1%. Ma nelle regioni del Mezzogiorno l’incidenza sale al 32,2%.