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domenica 15 Gennaio, 2023

Carburante: Trento tra le province d’Italia con i prezzi più alti

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La «verde» self costa 1,844 euro al litro, con picchi fino a 2,030 euro. Il diesel 1,918 di media. Le accise gonfiano i costi al distributore. Federico Corsi (Faib): «Il margine del gestore rimane invariato»

Al debutto del nuovo anno, i distributori di carburante sono finiti nell’occhio del ciclone provocato dal rialzo dei prezzi al litro. Un aumento legato alla reintroduzione delle accise, dopo i tagli operati dal governo Draghi per contenere benzina e diesel, quando rischiavano di sfondare abbondantemente il tetto dei 2 euro al litro. Ma di cui tanti consumatori hanno fatto chiesto spiegazione ai gestori delle stazioni di rifornimento, temendo speculazioni e rialzi arbitrari. I benzinai, dice a chiare lettere Federico Corsi, presidente di Faib-Confesercenti del Trentino, «non hanno tratto alcun beneficio dall’aumento dei prezzi». «Il margine del gestore è indifferente al prezzo alla pompa. Che il prezzo al litro del carburante sia uguale 1 euro o a 5 euro, il gestore percepisce indifferentemente 2-3 centesimi al litro. Il margine non viene definito in rapporto al costo», aggiunge il rappresentante di circa 200 distributori. Il governo Meloni ha comunque richiesto, per maggiore chiarezza, l’esposizione, da parte delle stazioni di rifornimento, di un cartello recante il prezzo medio nazionale delle diverse tipologie di carburante. Decisione a cui si sono messi di traverso i benzinai di tutta Italia. Da qui, nonostante un primo vis-à-vis con l’esecutivo abbia placato gli animi, si mettono in moto verso lo sciopero (25 e 26 gennaio).
«L’idea di fare sciopero — premette Corsi — non vuole essere un modo per recare disturbi all’utenza, già nervosa, a ragion veduta, dopo l’eliminazione del taglio alle accise. Protestiamo perché viene richiesto ai gestori dei distributori un ulteriore impegno. Se poi vogliamo analizzare la scelta di “trasparenza” del governo anche dal lato pratico, io credo che possa generare confusione agli occhi dei clienti, che si troveranno davanti a 3 prezzi (il prezzo medio nazionale, quello del self-service e quello del servito della stazione in cui si trovano)». Fermo restando che «già esiste l’Osservatorio prezzi del Mise, per verificare i costi di tutti i distributori».
I prezzi praticati per compagnia, regione e provincia rilevati dall’Osservatorio ed elaborati da Staffetta Quotidiana (vedi grafico, ndr) mettono in scala le realtà più e meno care d’Italia. Bolzano risulta il territorio in cui per benzina e diesel si paga il prezzo più alto, ma anche Trento svetta nella lista. Al 14esimo posto tra le province più care per benzina al self, con un costo medio al litro di 1,844 euro e picchi fino a 2,030 euro. E al quinto posto per costo del diesel, con una media di 1,918 euro al litro. Basti pensare che le città più economiche (Ancona per la benzina e Fermo per il diesel) hanno un costo medio di 1,761 euro e di 1,831 euro.
«Noi distributori non abbiamo alcuna possibilità di manovrare i prezzi», sottolinea ancora una volta Corsi. A cosa sono dovute, quindi, le differenze tra un prezzo finale più alto o più basso? «I prezzi li stabilisce compagnia (Eni, Q8, Esso e tutti gli altri, ndr), in base a diversi parametri. Il primo è la distanza che intercorre tra la stazione di rifornimento e la località da cui proviene la merce. È chiaro che, se la materia prima si trova a Marghera, trasportare nei pressi di Venezia costerà molto meno che trasportare in una qualunque valle del Trentino», aggiunge il presidente di Faib-Confesercenti. In più, le compagnie aggiustano il prezzo «in funzione della presenza o meno della concorrenza in loco» e sulla base di «politiche interne della società, non dei gestori». Per i distributori che si trovano lungo la rete autostradale italiana, si aggiunge un ulteriore tassello: le royalties richieste per la piazzola autostradale, che possono incidere circa per il 4% al litro sul prezzo dei carburanti. «Non ci risultano casi eclatanti di rialzi in questi casi. Può essere che qualche episodio di cattiva gestione si sia verificato, ma non giustifica la colpevolizzazione dell’intera categoria».