Economia
giovedì 3 Luglio, 2025
Caldo estremo, 8000 operai a rischio in Trentino. I sindacati: «Sospendere il lavoro dalle 12 alle 16»
di Gabriele Stanga
La Cgil chiede alla Provincia un'ordinanza per disciplinare il tema, così come fatto in altre regioni del Paese

«La Provincia emani un’ordinanza per disporre la sospensione delle attività lavorative negli orari più caldi, come è avvenuto nelle altre regioni». Questo l’appello che il segretario di Fillea Cgil del Trentino, Giampaolo Mastrogiuseppe, e la responsabile salute e sicurezza del sindacato, Manuela Faggioni, rivolgono alle istituzioni per fronteggiare l’emergenza calore che nelle ultime settimane sta colpendo tutto il territorio italiano e il Trentino in particolare. Con il cambiamento climatico in corso, ad essere esposti alle temperature estreme sono tutti i lavoratori, nessuno escluso.
Le categorie più a rischio, però rimangono gli operai (e il settore edile in genere) e lavoratori del settore agricolo che si trovano a dover passare ore ed ore sotto il sole battente, per portare a termine le attività nei cantieri o nei campi.
I numeri
Se per i lavoratori agricoli è difficile fare una stima di quanti siano gli occupati, per quanto concerne le costruzioni si può ricavare qualche numero dalla cassa edile.
«I lavoratori censiti nell’edilizia sono 14 mila, quelli attivi in questo momento sono circa 8mila su tutto il territorio provinciale», spiega Mastrogiuseppe. Potenzialmente tutti questi potrebbero essere considerati a rischio, ma quelli più vulenerabili, perché operano in zone come l?alto Garda, il centro cittadino o la destra Adige, si stima possano essere la metà, quindi circa 4mila persone.
Proprio ieri, a Bologna, un operaio, 47 enne di origini marocchine, è deceduto per il troppo caldo mentre lavorava ad un
Sempre legato alle temperature estreme, anche se non sul posto di lavoro, l’episodio che ha visto una donna di 53 anni svenire e poi perdere la vita, mentre passeggiava per le vie del centro. In Trentino si ricorda invece il caso di Carmine Minichino, operaio della Marangoni di Rovereto, morto a 54 anni a causa di un colpo di calore durante un turno nel reparto presse. Era il 21 luglio 2015 ma le cose non sono cmabiate poi molto da allora.
La Cgil: «Serve un’ordinanza»
Da questi spunti parte l’invettiva della Cgil verso la Provincia: «Dopo il 19 di giugno molte regioni hanno emanato ordinanze per bloccare l’attività lavorativa negli ambienti più pericolosi», spiega Manuela Faggioni. Questi ambienti, come anticipato sono settore edile e agricolo «ma alcuni territori hanno esteso la misura anche ad altri ambiti come logistica, carico e scarico delle merci, o le cave», ricorda Faggioni.
«Chiediamo da 3 anni un intervento della Provincia e un tavolo di confronto – le fa eco Mastrogiuseppe – Da piazza Dante, invece, non è arrivato nulla se non un rimando alle linee guida della Conferenza delle regioni», misure generiche le quali secondo il sindacato, vanno integrate con un’ordinanza più puntuale e «da fare in tempi rapidi». Secondo l’Inps, a 35 gradi l’attività può essere sospesa e può scattare la cassa integrazione per temperature elevate. «Lo strumento c’è – incalza Mastrogiuseppe – Chi non la chiede è un incosciente. Ci vuole buona volontà, non si possono mettere le esigenze di produttività di fronte alla salute del personale». Qualche complicazione sorge nel settore agricolo, in cui gli stagionali sono esclusi dalla possibilità di essere messi in cassa integrazione. E per questo motivo è prevista la discussione di un protocollo estensivo per mercoledì.
L’ordinanza che Cgil chiede alla Provincia prevede una sospensione che dovrebbe scattare nelle ore più calde, tra le 12 e le 16, sulla scia di quanto fatto nelle regioni vicine come Lombardia e Veneto. La rilevazione della situazioni a rischio, invece, avviene attraverso la piattaforma Worklimate di Inail. «Il calore è da tenere sotto controllo anche in relazione all’invecchiamento, invece proprio questi temi sono tra quelli su cui vedo meno attenzione», conclude Faggioni.
La Uil: «Si doveva fare di più»
Accanto alla Cgil interviene anche Feneal Uil:«Due giorni fa la Provincia ha diramato le proprie linee guida, che purtroppo si limitano a suggerire il rispetto di quanto deciso dalla Conferenza delle regioni e delle provincie autonome. Nessun richiamo invece al divieto di svolgimento delle attività lavorative in condizioni di esposizione prolungata al sole dalle 12 alle 16 emanato ad esempio dalla vicina Regione Veneto. Si doveva fare di più», osserva il segretario Matteo Salvetti. Per questo motivo il sindacato ha chiesto un incontro all’assessore Spinelli, per fermare le attività lavorative all’aperto, in situazioni rischiose.
Non è mancato poi un richiamo all’unità sindacale e alla necessità di un nuovo contratto collettivo, che tenga conto del cambiamento climatico.
La Cisl: «La cassa va utilizzata»
A concludere è Fim Cisl: «La Cassa integrazione non può più essere un tabù nelle fabbriche durante le ondate di calore. Ancora troppa sufficienza e sottovalutazione del problema rendono inutilizzato questo strumento anche nelle situazioni di maggior disagio», si legge in una nota. «Non è accettabile che da un lato si rifiuti di investire in interventi tecnologici per il miglioramento delle condizioni microclimatiche e dall’altro si pretenda di mantenere gli stessi livelli di produttività – chiosa il sindacato – Serve un patto sociale per gestione responsabile di un problema che in futuro non potrà che peggiorare. Parti sociali, Uopsal e provincia dovrebbero condividere criteri di monitoraggio e valutazione del rischio nei luoghi chiusi e relative misure di intervento».
Comune
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