Giustizia
mercoledì 23 Luglio, 2025
Bimbo malato dopo la contaminazione col formaggio a latte crudo, la Cassazione: «Il nesso causale è l’unica ipotesi scientificamente possibile»
di Benedetta Centin
Le motivazioni delle condanne dell’allora legale rappresentate del caseificio sociale Coredo, Lorenzo Biasi, e del casaro Gianluca Fornasari

Il tribunale di Trento ha «ben evidenziato che l’ipotesi causale accusatoria è risultata l’unica scientificamente possibile e razionalmente credibile, in quanto è risultato incontestabilmente provato il consumo di formaggio a latte crudo (il «Due Laghi» del caseificio sociale di Coredo) da parte di Mattia Maestri». E anche come nel formaggio sia stato «isolato un ceppo di Escherichia Coli Stec capace di causare la Seu», la sindrome emolitico-uremica che da giugno 2017 ha ridotto in gravi condizioni il bimbo. E poi «le approfondite indagini svolte hanno escluso in modo convincente ogni possibile decorso causale alternativo».
Insomma, non solo il giudice, rispetto al nesso causale da accertare, ha affrontato «un rigoroso processo di verificazione» per appurare la relazione tra l’assunzione del formaggio e l’insorgenza della malattia, tra l’altro considerando «esaurienti e logici i risultati e le valutazioni scientifiche forniti dalle consulenze delle parti civili», ma ha anche riscontrato tutte le prove dal punto di vista metodologico.
Così nella ventina di pagine di motivazioni con cui la Corte di Cassazione ancora a marzo aveva dichiarato inammissibili i ricorsi dell’allora legale rappresentate del caseificio sociale Coredo, Lorenzo Biasi, e del casaro Gianluca Fornasari, in qualità, ai tempi, di responsabile del piano di controllo. Confermando così la condanna emessa in Appello, dal tribunale di Trento appunto: quella al massimo della pena prevista per il reato di lesioni personali colpose gravissime ai danni del piccolo Maestri e cioè a una sanzione di poco meno di 2500 euro ciascuno (esattamente 2478 euro).
Il giudice di secondo grado Massimo Rigon aveva inoltre condannato i due imputati a una prima trance di risarcimento di un milione di euro da pagare in solido alle parti civili: e cioè 600mila euro da liquidare al bambino che oggi ha dodici anni ed è sempre in gravi condizioni, e 200mila euro a ciascun genitore. Ora, dopo il pronunciamento di terzo grado per i due le condanne sono diventate definitive e in più dovranno pagare le spese processuali, anche delle parti civili, come disposto dagli ermellini.
Questi ultimi hanno evidenziato come dai documenti esaminati, a partire dal manuale del caseificio, «si è correttamente ricavata, in modo indiscutibile, l’esistenza di precisi obblighi di garanzia in capo ad entrambi imputati, declinati come obblighi di protezione della salute dei consumatori contro le fonti di pericolo rappresentate da alimenti non sicuri e come obblighi di controllo di tali fonti di pericolo per proteggere i beni ad esse esposti».
Per la Cassazione la condotta rilevante dal punto di vista eziologico è quella del casaro, responsabile del sistema di autocontrollo, il quale ha prodotto il formaggio «senza l’osservanza delle cautele imposte per renderlo sicuro».
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