L'intervista

martedì 27 Maggio, 2025

Aquila, l’addio di Galbiati: «Sogno la Nba, ma non ho contratti in mano. Via da Trento? Un dissidio con il ds Gaddo»

di

L'ex coach si racconta: «Dopo la partita giocata e persa a Brescia all’inizio di gennaio mi sono reso conto che non c’erano più margini»

Non ha deciso di uscire con due anni di anticipo dal contratto perché ha già trovato l’accordo con un’altra squadra. E neppure perché ha pensato che con l’Aquila Basket non ci fossero più margini di crescita. Semplicemente, ad un certo punto, coach Paolo Galbiati ha capito di non essere più in sintonia con una parte del club, in particolare con il direttore sportivo Rudy Gaddo, e allora ha fatto un passo indietro. O di lato se si preferisce. «Per dare il meglio di quanto è nelle mie corde devo sentirmi al 200 per cento dentro un percorso, rendermi conto che la mia visione e quella della società vanno verso la stessa direzione – spiega l’allenatore -. Il che non significa che sarebbero dovuto essere identiche ma neppure troppo diverse, comunque la responsabilità maggiore per quanto è accaduto è del sottoscritto. Avrei dovuto affrontare di petto la situazione prima e non tenermi tutto dentro sino a non riuscire più gestirla».

 

Coach, quando ha capito che la sua esperienza a Trento era terminata?
«Diciamo che dopo la partita giocata e persa a Brescia all’inizio di gennaio mi sono reso conto che non c’erano più margini. Perdemmo 83–77 ma non fu tanto quello il problema quanto delle osservazioni da parte del ds che ho faticato a digerire. Anzi, diciamo che non le ho proprio digerite. Non mi interessa entrare troppo nei dettagli però mi conosco e so che in determinati contesti non riesco a lavorare con la giusta carica. Ecco quindi che ho deciso di prendere una decisione che non è stata assolutamente semplice, il club però si meritava chiarezza immediata in modo che poi avesse tempo per operare sul mercato con calma».

 

Quindi non c’è una squadra che si è fatta sotto per permetterle un ulteriore salto di qualità?
«No, nella maniera più assoluta. Mi rendo conto che per qualcuno potrò sembrare un pazzo ma la scelta che ho fatto è totalmente slegata da fattori diversi rispetto a quelli che ho appena descritto. Dopo che è uscita la notizia ho avuto qualche abboccamento ma niente che mi possa davvero interessare. Il mio sogno sarebbe un’esperienza Oltreoceano ma temo rimarrà tale, la Nba è un mondo piuttosto chiuso. Comunque metto l’estero al primo posto, ricoprire il ruolo di assistente in una realtà di Eurolega lo considererei uno step importante. Lo Zalgiris di Andrea Trinchieri o l’Efes Istanbul di Luca Banchi? Gran belle realtà, non ci sono dubbi…».

 

La settimana scorsa è stato premiato come miglior tecnico della seria A, cosa ha provato per questo riconoscimento?
«Fa indubbiamente piacere ma il basket è uno sport di squadra e quindi il premio è da condividere con lo staff tecnico, atletico, medico e dirigenziale».

 

Torniamo all’Aquila Basket protagonista di una stagione da urlo. Cosa vi ha permesso di ottenere determinati risultati?
«Come ho detto subito dopo la fine di gara 4 dei playoff a Milano non ho mai allenato un gruppo di atleti così serio, positivo e unito. A farla da padrone dentro lo spogliatoio è sempre stato un altruismo incredibile, c’era la felicità per il compagno che faceva bene e il dispiacere per chi invece non riusciva ad esprimersi al massimo. Credetemi nell’ambito professionistico non è affatto scontato, hanno cominciato sin dal ritiro a trovarsi bene tra loro e così è stato sino alla fine. I collanti credo siano stati Anthony Lamb e Andrea Pecchia, folli e aggreganti allo stesso tempo. Anzi, vi voglio raccontare un aneddoto…».

 

Prego…
«La mia compagna è una psicologa che si occupa di risorse umane per una grande azienda lombarda. Durante l’estate è sempre stata con me e ha seguito con costanza gli allenamenti, beh al mio primo anno qui si espresse non in modo entusiasmante – per usare un eufemismo – su quello che era riuscita a cogliere dal gruppo. Dodici mesi dopo le sue parole furono molto, ma molto, più positive. E ancora me lo rinfaccia».

 

Una serie A conclusa al quarto posto con 22 vittorie e sole 8 sconfitte, in Eurocup quasi sempre competitivi e sul pezzo. A questo va aggiunta la vittoria della Coppa Italia. Che voto darebbe alla vostra stagione?
«All’interno dei confini nazionali 8,5 perché ho due rammarichi ovvero le sconfitte casalinghe con Cremona e Tortona. Con quattro punti in più avremmo chiuso al primo posto in solitaria la regular season, però è andata così. Sul fronte europeo direi 6, è vero che non abbiamo centrato la qualificazione al secondo turno ma è altrettanto vero che il livello mostrato è stato superiore rispetto alla manifestazione 2023–2024. In tal senso è stato un piacere vedere quasi 3 mila spettatori a “ilTquotidianoArena” anche a metà settimana».

 

Passiamo ai singoli: se l’aspettava una crescita così prepotente di Quinn Ellis e Saliou Niang?
«No, hanno stupito anche me. In particolare Quinn per il ruolo che ricopre e per quanto è cresciuto difensivamente, come leadership, continuità e personalità. Ovviamente anche Saliou è migliorato tantissimo però con caratteristiche diverse».

 

Entrambi lasceranno Trento, il primo per accasarsi a Milano il secondo alla Virtus Bologna. Fanno bene secondo lei?
«Quando arrivano certe proposte e certi contratti oggettivamente diventa difficile dire di no. Anche perché in questi casi non si tratta solo di un qualcosa legato ai soldi ma ad un potersi mettere alla prova su palcoscenici diversi e più competitivi. Non dobbiamo mai dimenticare che la “vita agonistica” di un atleta professionista è breve e determinati treni non passano chissà quante volte».

 

A lei invece cosa mancherà di Trento?
«Sapete qual è il primo nome che mi viene in mente? Franco Jachemet, il nostro massaggiatore. Un grandissimo. Poi tutto il mio staff, in particolare con Fabio Bongi e Davide Dusmet c’è un rapporto super. E, anche se non lo avrei mai pensato, un po’ le montagne. Alla fine mi sono affezionato alla loro presenza, mi hanno accompagnato parecchio durante le mie lunghe camminate in solitaria».

 

Ha sempre partecipato con grande entusiasmo alle iniziative extra campo del club. Quelle esperienze che impronta le hanno lasciato?
«È molto semplice: hanno cambiato il modo di intendere e vivere la vita. Andare al Centro Trentino Solidarietà, poter conoscere tutto quanto è stato messo in piedi dalla famiglia Coletti – che per me è un onore poter considerare amica – nell’ambito dell’autismo, entrare in carcere e allenare i detenuti, visitare gli ammalati in ospedale. Ti fa capire concretamente quali devono essere le giuste priorità».

 

Chiudiamo con uno sguardo verso il futuro prossimo che si chiamerò Massimo Cancellieri. Che cosa si sente di dirgli?
«Abbiamo lavorato insieme, o meglio io ho lavorato per lui a Milano sotto la guida di coach Jasmine Repesa. Ci conosciamo bene e in questi giorni ci siamo sentiti. Si tratta di un tecnico molto preparato, duro, un gran lavoratore e a modo suo è anche divertente. Gli faccio un grandissimo in bocca al lupo perché l’Aquila e i suoi tifosi meritano il meglio. Su questo non ci sono dubbi».