L'intervista
martedì 20 Maggio, 2025
Andrea Della Sala, da Ravina alla Serie A Èlite di Rugby: «Con Rovigo voglio lo scudetto»
di Angelo Zambotti
Il pilone trentino: «Il mio modello è Dan Coles, degli All Blacks. Studio psicologia, mi mancano pochi esami alla laurea»

Sabato 31 maggio gli occhi del rugby italiano saranno puntati sullo stadio Sergio Lanfranchi di Parma, che dalle 17.15 ospiterà la finale scudetto tra Rovigo e Viadana. In campo, con la maglia dei rossoblù veneti, ci sarà anche un trentino, il classe 2001 Andrea Della Sala. Se oltre mezzo secolo fa era stato il fassano Faustino Crepaz a giocare ai massimi livelli vestendo pure la maglia azzurra in tempi in cui la palla ovale era praticamente sconosciuta alle nostre latitudini, ora tocca al talento di Ravina portare in alto il vessillo provinciale, sventolato con orgoglio dopo il debutto in massima serie a ottobre 2023. Il pilone cresciuto nel Rugby Trento, società attualmente presieduta dal padre Luca, vuole fare la storia del Rovigo: in caso di successo, infatti, i rossoblù raggiungerebbero a quota 15 scudetti gli eterni rivali del Petrarca Padova. Tra l’altro, lo scontro tutto veneto noto anche come «Derby d’Italia» vista la grandissima tradizione dei due sodalizi (ben 197 gli scontri diretti tra le due compagini), è stata anche la semifinale del tabellone tricolore, con il Rovigo capace di ribaltare con un 25-16 il 13-8 calato all’andata dai «tuttineri». A fine mese, la sfida con i mantovani metterà la parola fine al campionato di Serie A Élite 2024/25, con il Viadana che vorrà fermare l’alternanza di trionfi patavini-rodigini e conquistare il secondo scudetto 23 anni dopo il primo.
Della Sala, quello del 31 maggio sarà il match più importante della sua carriera. Quando e come è cominciata?
«Ho iniziato a giocare a rugby quando avevo 9 anni. Dopo aver provato nuoto e basket, nei quali però non mi sentivo in grado di eccellere, ho scelto la palla ovale. Mi sono subito divertito, vestendo la maglia del Rugby Trento fino ai 20 anni. Per crescere ho dovuto poi salutare la squadra della mia città, dove non ci sono spiragli per crescere. Ho avuto, grazie alla cittadinanza russa di mamma Marina, la possibilità di vestire la maglia della nazionale russa, oltre che di salire in Serie A (la seconda serie nazionale, ndr) con il Valpolicella. Anche se il campionato con i veronesi non era andato benissimo, mi hanno notato da Rovigo e quando è arrivata la chiamata non ci ho pensato due volte».
Ha avuto qualche idolo a cui ispirarsi?
«Direi il neozelandese Dane Coles, mi ispiravo ai suoi movimenti. Io ero partito come tallonatore, poi sono diventato pilone come lui, diciamo che ora ho il ruolo più “ignorante” della squadra, quello che sostiene la mischia dai lati».
Che atmosfera si respira in una delle capitali del rugby italiano?
«A Rovigo si mastica rugby tutti i giorni, ad ogni ora, la gente è ossessionata dalla palla ovale. Quando ci capita di girare per la città, ci fermano per fare due chiacchiere, c’è gente che fa a gara per offrirci un caffè, i negozi ci fanno lo sconto, siamo davvero amati. Mi reputo fortunato, da quando mi sono appassionato a questo sport ho sempre seguito questa squadra, affascinato dal calore della città».
Com’è stato l’impatto con la massima serie?
«Inizialmente ero in prova, diciamo che per me era una scommessa. Mi hanno subito tenuto, e anche se nella prima stagione ho giocato poco mi hanno fatto sempre sentire importante: nella scorsa stagione, in totale, ho assommato 70 minuti di gioco. In questo campionato è cambiato un po’ tutto, siamo la squadra più giovane del torneo, il progetto è orientato ai talenti emergenti: a inizio anno trovavo posto più che altro per l’assenza di qualche infortunato, poi mi sono ritagliato il mio spazio e di fatto gioco sempre. Tre settimane fa abbiamo alzato la Coppa Italia e in finale sono partito titolare, una bella soddisfazione».
Cosa si aspetta dalla finalissima di Parma?
«Tanto per cominciare per me sarà un’emozione doppia, visto che proprio in quello stadio ho esordito in massima serie. Poi sappiamo benissimo che a partire coi favori del pronostico sarà il Viadana, che ha chiuso il campionato davanti a tutti. In realtà noi siamo arrivati secondi a un solo punto da loro, ma nella penultima giornata, a inizio aprile, ci hanno battuto 62-34 dandoci una vera lezione. Sia chiaro: non partiamo battuti, dico solo che sarà durissima. E per noi ci sarà uno stimolo in più: vogliamo raggiungere il Petrarca Padova a 15 scudetti, la città impazzirebbe per noi…».
E il futuro cosa prevede?
«Ho firmato per altri due anni, qui sto bene e il contesto è davvero stimolante, nessuno è certo del posto da titolare quindi la concorrenza aiuta a migliorare. Certo, arrivasse una chiamata da Treviso o dalle Zebre, le due franchigie che partecipano a una sorta di “Superlega” (lo United Rugby Championship, un campionato interconfederale tra club gallesi, irlandesi, scozzesi, sudafricani e appunto italiani, ndr), un pensierino ce lo farei, perché cambierebbe davvero tutto sia a livello tecnico che economico, inoltre avrei la possibilità di compiere un altro salto in avanti, il più difficile di tutta la piramide. Vedremo».
In questi anni ci sono stati dei momenti difficili, in cui ha visto la sua carriera in serio pericolo?
«Quando il Covid interruppe l’attività. Stavo affrontando la maturità al Liceo classico Prati, inoltre avevo l’esigenza di spostarmi per crescere tecnicamente e non si poteva. In quei mesi è stato veramente difficile, per me il rugby è sempre stato una passione, in quel momento stava diventando pian piano qualcosa in più e quando tutto stava girando per il meglio arrivò la pandemia. Me la sono vista brutta, poi sono ripartito».
Mantiene dei contatti con Trento?
«Sì, ovviamente sono felice che lo scorso anno la squadra è riuscita a salire in Serie B, ma mi sembra di capire che in zona, nonostante qualche miglioramento rispetto a qualche anno fa, l’interesse per questo sport sia sempre minimo. Le prospettive sono davvero poche, conosco tanti ragazzi che potenzialmente potevano diventare ottimi giocatori e che hanno smesso per questo. Io risalendo dalle leghe inferiori sono riuscito ad arrivare fino ai massimi livelli, fossi nato in Veneto probabilmente la strada sarebbe stata più semplice perché mi avrebbero subito accolto in un’accademia di qualche importante realtà».
A casa si parla sempre di rugby?
«Direi di sì, mia sorella Alessia gioca con il Valsugana Padova e ha già vinto lo scudetto, papà Luca si è appassionato con noi: prima o poi mollerà la presidenza del Rugby Trento, non si perde una nostra partita».
Al di fuori del campo, chi è Andrea Della Sala?
«Uno studente di psicologia, mi mancano pochi esami alla laurea: negli ultimi tempi si è fatta dura perché di fatto passo 7 ore al giorno al campo per allenarmi. Però manca poco al traguardo». O alla… meta.
L'intervista
Paolo Ruffini: «Il politicamente corretto? Volgare, il contrario dell'arte che dev'essere libera. Bambini e disabili hanno la capacità di essere sé stessi»
di Ilaria Bionda
L'attore sarà a Trento in occasione del Festival dell'Economia con il suo spettacolo «Din Don Down». «Un giorno una bambina mi chiese: "Ma se i vecchi si chiamano così, perché noi non ci chiamiamo i nuovi?" Aveva ragione. Investiamo sui giovani anche nelle parole»
L'intervista
Terzo mandato, l'amarezza di Fugatti: «Impugnativa, grave decisione politica. Gerosa via dalla giunta? Valutiamo»
di Tommaso Di Giannantonio
Il governatore attacca il consiglio dei ministri, rilevando «un atto istituzionale molto pesante contro le prerogative dell’Autonomia trentina». E sulla posizione della vicepresidente non si sbilancia