Arte

giovedì 5 Gennaio, 2023

Alla scoperta del nuovo anno con il Ciclo delle Stagioni del Buonconsiglio

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Al castello di Trento si trova uno dei «calendari» più belli del mondo. È il ciclo delle stagioni, una serie di affreschi medievali che raccontano il passare del tempo mese dopo mese. Un modo per scoprire l'inverno, l'autunno, l'estate e la primavera, ma anche per conoscere le abitudini dei trentini dei secoli antichi

Si è appena aperto un nuovo anno. Per segnare il tempo di questo 2023 abbiamo cominciato dal mese di gennaio e finiremo con dicembre per poi, nel 2024, riiniziare ancora da gennaio. All’interno dell’anno, quindi, si presentano a intervalli regolari i mesi, ma non solo, perché, se ci pensi bene, si ripetono anche i giorni della settimana, le ore… Ed è proprio per questa alternanza che, tanto tempo fa, nel Medioevo, il tempo era rappresentato come una ruota in continuo movimento. Da questo giro dipendevano la vita dell’uomo e le sue attività, soprattutto quelle agricole, per il fatto che erano organizzate in funzione del sole e delle stagioni. Per tale ragione erano frequenti le rappresentazioni, sia in scultura che in pittura, del Ciclo dei Mesi (ti ricordo che questa parola deriva dal greco kýklos che, appunto, significa giro), cioè scene che rappresentavano i lavori dei contadini nel corso dell’anno.
Uno degli esempi più famosi si trova a Trento ed è dipinto in una stanza di Torre Aquila. Per arrivarci bisogna accedere al Castello del Buonconsiglio e attraversare il suggestivo camminamento di ronda all’interno delle mura che proteggevano a Est la città. Qui, fra i mesi, manca all’appello marzo, probabilmente perché è andato distrutto in un incendio, dato che era stato dipinto non sul muro, come gli altri undici, ma sul rivestimento in legno della scala a chiocciola che porta ai piani superiore e inferiore. Questo Ciclo dei mesi è un affresco della fine del Trecento, commissionato dal principe vescovo Giorgio di Liechtenstein a un pittore della Boemia, Venceslao, che ha raffigurato scene che, mese dopo mese, mostrano le attività di nobili e contadini, cioè delle due classi che allora formavano la società. Entrare in questo ambiente è come fare un salto indietro nel tempo: possiamo vedere come si viveva in Trentino nel Medioevo, fra valli, castelli e costruzioni rurali. Vi è anche raffigurata la città di Trento protetta da mura che, nonostante fosse molto piccola rispetto a com’è adesso, aveva grande importanza. “Occupa”, infatti, lo spazio di ben due mesi: novembre e dicembre. Sono tanti i personaggi delle due classi sociali che animano le raffigurazioni e ciò che li differenzia maggiormente sono le rispettive occupazioni. I nobili non sono di certo abituati a faticare nei campi sotto il sole! Ecco perché sono pallidi e snelli. E poi, ve li immaginereste a lavorare con quegli abiti eleganti dalle ampie maniche, con strascichi e mantelli o in calzamaglia? Loro preferiscono divertirsi lanciandosi, a gennaio, delle palle di neve, scontrandosi in tornei sotto gli occhi di dame, a febbraio, oppure, in primavera, passeggiando o corteggiandosi, dichiarando il loro amore fra siepi fiorite di rose. Nei mesi estivi, invece, cavalcano agili destrieri, vanno a caccia col falcone, mentre, in autunno, cacciano l’orso. Un bel modo di trascorrere il tempo! Tanto, a lavorare ci pensavano i contadini! Loro, che indossano vestiti scoloriti o bianchi, poiché la tintura delle stoffe era un lusso, sono abbronzati e muscolosi. Lavorano la terra in braghe corte usando strumenti che ancora oggi possiamo vedere nei campi, come l’aratro e l’erpice, che allora erano trainati da robusti cavalli, oppure compiendo gesti che sono giunti fino a noi come quando in primavera seminano a spaglio, in estate fanno la fienagione, mietono bionde spighe oppure producono burro e formaggio negli alpeggi o, ancora, quando, nei mesi autunnali, vendemmiano e torchiano l’uva. Da loro lavoro dipendeva il funzionamento della società, nel rispetto dei tempi della natura scanditi, appunto, dal ritmo ricorrente delle stagioni. Ed è questa l’attualità del messaggio che il «Ciclo dei mesi» di Torre Aquila ci ha lasciato.