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giovedì 24 Luglio, 2025
Al Cibio è nata la Biobanca: un archivio biologico per supportare la ricerca sulle malattie oncologiche e neurodegenerative
di Margherita Montanari
Verranno raccolti e conservati migliaia di campioni utilizzati per studiare i meccanismi legati allo sviluppo di alcune malattie e arrivare a diagnosi e cure più rapidamente

Non occorre fare uno sforzo di immaginazione per proiettarsi dentro una biobanca. A prima vista, sembra una di quelle stanze che aiutano la ricerca a farsi scoperta: uno spazio di circa 50 metri quadrati, pavimento in pvc e arredi tecnici in acciaio. In realtà, alcune caratteristiche rendono questo laboratorio unico. La presenza di freezer meccanici capaci di raggiungere -80°C, tank di azoto liquido, campioni di materiali biologici estremamente particolari e «standard rigorosi di qualità e tracciabilità». Lo spiega Valentina Adami, coordinatrice delle infrastrutture tecnologiche del Cibio e della nascente Biobanca Irbio, un archivio biologico di ultima generazione di cui si sta dotando il centro dell’Università di Trento per supportare la ricerca sulle malattie oncologiche e neurodegenerative.
Il progetto è partito nel 2023 e sono stati investiti più di 2 milioni di euro. La maggior parte delle risorse arrivano dal Pnrr, «che ha finanziato il rafforzamento dell’infrastruttura di oltre 50 biobanche presenti in Italia». Circa 50mila euro provengono però da donazioni «di enti del territorio, come Rotary club e Associazione Parkinson, Associazione trentina malattie rare, Cri Fiemme e Fassa, Sparkasse, e privati cittadini che hanno aderito alla campagna online». Ma che cos’è una biobanca? «È una struttura di servizio a supporto della ricerca – racconta Adami – Permette di raccogliere e gestire dati biologici: sia molecolari, generati dai ricercatori, sia associati alle patologie del paziente, che arrivano dal sistema sanitario». Si tratta quindi di una sorta di archivio delle parti microscopiche del corpo umano, accessibile agli scienziati per studiare sempre meglio i meccanismi legati allo sviluppo di alcune malattie e arrivare a diagnosi e cure più rapidamente.
Adami smonta l’ambiguità che il termine banca potrebbe generare. «Le biobanche non sono realtà a scopo di lucro e i campioni sono forniti dai pazienti. È importante che le informazioni siano raccolte e gestite secondo standard rigorosi di qualità e tracciabilità, nel rispetto della privacy e del consenso dei soggetti a cui i materiali appartengono». Più che banche, quindi, biblioteche dai contenuti preziosi, con regole di accesso rigide.
Il Trentino ha già una biobanca da circa quindici anni, la Trentino Biobank dell’ospedale Santa Chiara. La nascente Biobanca Irbio si trova a Povo e punta a diventare «una struttura di nicchia». «Andremo a cercare una caratterizzazione molto particolare dei materiali custoditi, grazie al supporto delle strutture del Cibio – spiega la scienziata – I campioni stoccati saranno al massimo alcune decine di migliaia». Poche rispetto a quelle solitamente raccolte da strutture analoghe ospedaliere, che di solito arrivano a centinaia di migliaia di provette.
A due anni dall’avvio dei lavori, l’infrastruttura dell’Università di Trento è pronta. «Abbiamo costruito una sala di crioconservazione con freezer meccanici capaci di raggiungere -80°C e tank per l’azoto liquido. Le condizioni di freddo vanno sempre mantenute. Proprio per maneggiare sostanze delicate e per garantire la qualità delle procedure nel trattamento dei campioni, chi ci lavora dovrà osservare particolari misure di sicurezza», continua Adami.
Il caveau comincerà a riempirsi di campioni solo verso la fine dell’anno. Nelle provette ci saranno perlopiù «cellule staminali indotte pluripotenti» e «biofluidi per vescicole extracellulari». Su questi materiali «sentinelle» il Cibio svolge già ricerca d’avanguardia da un decennio, all’interno del gruppo Cell Technology. »Possono diventare strumenti utili per lo screening o l’individuazione di terapie per diverse patologie. In particolare, in ambito oncologico e neurodegenerativo».
A beneficiare di tutte le informazioni conservate in questi laboratori saranno innanzitutto «i ricercatori dell’Università di Trento». Ma anche quelli da tutta Europa, grazie all’apertura dell’infrastruttura voluta dalla rete europea Biobanking and Biomolecular Resources Research Infrastructure (BBMRI). Rete che permetterà agli scienziati italiani di accedere ai dati elaborati ovunque nei paesi dell’Unione.
«Ora stiamo lavorando con il comitato etico per l’istituzione formale della Biobanca Irbio. A fine anno arriveranno i primi campioni», spiega la coordinatrice.
Le provette raccolte saranno lo specchio dell’utenza sanitaria trentina e arriveranno da strutture sanitarie locali. «Più avanti penseremo ad aprirci anche ad altri centri clinici». «In futuro – conclude Adami – l’obiettivo è arrivare a creare una biobanca integrata provinciale, che metta a fattor comune la Biobanca Irbio e la Trentino Biobank».
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