Vallagarina

venerdì 26 Settembre, 2025

Agganciata su Facebook e truffata: «Offriamo un filtro d’amore e rituali potentissimi»

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Il caso in tribunale a Rovereto: si indaga anche per estorsione

Non c’è più «solo» il processo per truffa, che a inizio 2026 arriverà alla sentenza di primo grado, ma ora anche la richiesta di ulteriori indagini per un reato ben più grave, quello di estorsione aggravata. Così ha disposto il giudice monocratico davanti al quale si sta celebrando il processo a carico di un uomo e una donna, accusati di aver raggirato una signora della Vallagarina, alla disperata ricerca di un modo per far sì che l’uomo di cui si era innamorata, ma che mai aveva ricambiato il suo sentimento, si invaghisse di lei.

«Agganciata» su Facebook

Le prime indagini avevano evidenziato come i due fossero riusciti a incassare dalla vittima, agganciata su Facebook e poi raggirata tramite messaggi e audio WhatsApp, circa cinquemila euro tra ricariche telefoniche, pagamenti online e l’impegno di oggetti preziosi, gioielli di famiglia che avessero un significato speciale per lei. Nel corso del processo è emerso tuttavia come alla donna sarebbe stata estorta tramite minacce una cifra almeno doppia: si parla di oltre diecimila euro. Per questo il pubblico ministero ha chiesto l’integrazione del capo d’imputazione: non più solo truffa, ma anche estorsione aggravata dall’aver provocato alla donna un danno patrimoniale di rilevante gravità e dall’aver agito avvalendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.

«Una congregazione potente»

I due avevano infatti detto alla donna di essere parte di una congregazione, una realtà molto potente che avrebbe potuto aiutarla a risolvere il suo problema di cuore. Il racconto dei rituali propiziatori che avrebbero dovuto garantire alla vittima la creazione di un legame indissolubile con il suo amato era ben congegnato: la coppia, in scambi di messaggi WhatsApp e audio, le aveva raccontato di essere parte di una comunità più grande nella quale la donna si era sentita accolta, ascoltata, soccorsa in un momento di particolare fragilità della propria vita. È stato solo in un secondo momento, quando era ormai evidente che i risultati sperati non erano arrivati, che la vittima ha iniziato a insospettirsi.
Nell’udienza di ieri il giudice ha così deciso di stralciare il secondo filone legato all’ipotesi di estorsione, rimettendo gli atti alla pubblica accusa per nuove e più approfondite indagini.