il lutto
mercoledì 23 Luglio, 2025
Addio allo scultore Osvaldo Bruschetti: è morto l’artista di Borgo Santa Caterina che dava forma al labirinto della creatività
di Anna Maria Eccli
Artista generoso, scultore soprattutto astratto, attraverso il marmo, il gesso, il bronzo, cercava di dare forma ai concetti. In Trentino è celebre per i suoi labirintici “rosoni”

Osvaldo Bruschetti ora si trova al centro dei suoi labirinti, di quell’enigma tra sentimento e ragione, tra luce e buio, bellezza o spavento, che per tutta la vita l’ha tenuto occupato nel suo laboratorio. È scomparso a 87 anni. Scolpiva, abbozzava, pensava come dare senso alla vita trasformandola in pensieri profondi.
Non sarà più possibile passare distrattamente davanti all’ingresso del suo laboratorio, in Borgo Santa Caterina, o sfiorare le grandi mani donate alla Biblioteca, gettare lo sguardo alla “Sentinella della coscienza” di Via Manzoni o al candido rosone contro la guerra che domina il cortile del Castello, senza ripensare all’elegante signore che fino all’ultimo, ogni giorno, coppola in testa, attraversava Via Cavour e piazza Leoni per rintanarsi nel suo laboratorio-rifugio. La celebrazione del funerale avverrà giovedì 24 alle 17 in Sacra Famiglia, nella stessa chiesa che ospita lungo tutta una parete il suo “Cammino umano”, lunga teoria di formelle dall’andamento sinusoidale, emblema d’una via crucis del tutto umana, scandita da continue cadute e da rinascite.
Artista generoso, scultore soprattutto astratto che attraverso il marmo, il gesso, il bronzo, cercava di dare forma ai concetti, è celebre per i suoi labirintici “rosoni”: «Il labirinto è nella mia testa – diceva – Lì dentro non vi sono più schieramenti, né conflitti, non uomo, né donna, ma solo la forma a cui ambisce il pensiero nel suo farsi». In una recente (ma non troppo e questo, come sempre, scava nell’anima inconsolabile rimpianto) visita al suo “antro” creativo ci aveva raccontato del suo modo di intendere l’arte come impegno civile, della sua amicizia con Umberto Savoia con Franco Chiocchetti e Leonardo Del Vecchio, patron della Luxottica, dunque suo datore di lavoro, ma soprattutto suo sincero estimatore al quale aveva dedicato anche un busto: «Aveva visto le mie opere e ne aveva volute portare due nel suo stabilimento di Agordo, entrambe enormi, più alte di 2 metri, in bronzo. Una era titolata bellezza e non rappresentava una donna, come si potrebbe pensare, ma un pensiero, un sogno, un’ideale, un’idea da accarezzare. Perché la mia scultura non è fatta di corpi». L’altra opera che se ne andò nel bellunese fu un lanciatore del disco speciale perché ispirato alla tensione dell’uomo di spostare sempre in avanti i propri limiti. Della bellezza aveva un’ide ben precisa: «Bisogna cercarla, bisogna lavorare per trovarla ed è il brutto a farle da sfondo. Lo dimostra il fatto che si rimanga affascinati anche dalle cose che stanno cascando, dalle pareti che si sfarinano». Sapeva anche arrabbiarsi con chi avesse osato accostare le sue opere, nate nel mite silenzio, al Futurismo. Il futurismo è impietoso, diceva, marziale, «incide parole sui teschi». La forza di Bruschetti stava nell’eleganza di saper «affrontare un problema sapendo che sei debole e impreparato».
Aveva avuto la fortuna di incontrare un alter ego per la vita, la sua Leana (Pederzani Rossi), nata a Mantova ma diventata trentina in tenera età. Sodalizio importante, il loro, iniziato più di 60 anni fa, da cui sono nati i figli Marco e Anna. L’arte rispondeva al medesimo bisogno per entrambi: di cesellare la materia (lui) e le parole (lei). «Leana mi ha insegnato il gusto per la sintesi», diceva, aggiungendo sorridendo sornione: «Io faccio le sculture e lei me le spiega». Sono tratti proprio dall’ultimo libro della moglie, «I luoghi e il tempo», i versi in epigrafe («di terra e di bronzo, che si fa conchiglia a imprigionare la poca luce che si srotola in piccoli lampi…») scritti da Leana pensando al lungo e cogitabondo sostare in solitudine di Osvaldo nello studio-laboratorio da cui sono uscite le candide opere sinuose di un uomo che credeva nella rinascita dell’Umanesimo e che ne aveva anche intravisto tutta la tragica urgenza.
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