L'editoriale
martedì 12 Agosto, 2025
Cosa ci insegna quel fiume di ragazzi a Roma per il Giubileo
di Maria Prodi
Ogni generazione ha il suo modo di vivere il presente: la religiosità del milione di fedeli accampati a Tor Vergata è segnata dall'incontro piuttosto che dall'adesione

Un milione di ragazze e ragazzi è improvvisamente comparso sul radar dei media, accampati sui prati di Tor Vergata. Accaldati, sorridenti, esultanti, hanno riempito collettivamente le foto dell’evento, i video, le cronache. Poi sono scomparsi, rientrati alle loro parrocchie, nelle loro città, nei loro paesi. È stato un momento in cui tutti e ciascuno hanno sedimentato un’esperienza profonda: tutti assieme nell’impatto della folla enorme che ha circondato il papa, ciascuno nella sua personale sfera di storie, emozioni, amicizie, vicinanze, ospitalità ricevute ed offerte. Qualcuno ha postato i video delle cartacce e dei rifiuti restati sulla piana, come se un fenomeno di massa di questo tipo potesse non lasciare traccia. Qualcuno ha disquisito sui numeri, trovando modo di circoscrivere la portata dell’evento. Qualcuno ha detto che erano carini, qualcuno ha lamentato la carenza di portata politica dell’evento.
Eppure, ciascuna di quelle ragazze e ragazzi ha raccolto dentro di sé la motivazione per affrontare un viaggio costoso, le scomodità inevitabili di una logistica complicatissima, le attese, gli incerti del tempo per vivere lì quei momenti. Ogni piccola o grande comunità che ha partecipato assieme ha riversato in quella giornata un pezzo della sua vitalità interna e ha riportato da quella giornata una memoria che accomuna e rinsalda i vincoli.
Non è stata una vampata estemporanea, ma la punta di un iceberg. Quel tessuto di incontri, impegni, attività, ma anche preghiera e comunione ecclesiale che coinvolge molti di quei giovani sfugge all’osservazione. La religiosità delle giovani generazioni è difficilmente inquadrabile, non risponde allo stile organizzativo delle associazioni cattoliche dei tempi andati. Non risponde neanche ad una solidità dottrinale o ad una condivisione di principi morali prescrittivi. È una esperienza di senso, di coinvolgimento, di fraternità, di affetti. Le messe domenicali sono spesso disertate dai giovani, che magari preferiscono addensarsi dove trovano liturgie a loro dedicate. D’altronde questa fede esperienziale, segnata piuttosto dall’incontro che dalla adesione, non è molto diversa da quella vissuta da tutti quelli che agli inizi della evangelizzazione alle spalle non avevano un cattolicesimo strutturato teologicamente e moralmente. Per generazioni e generazioni, nelle nostre società, il cattolicesimo è stato raccolto e tramandato dalle famiglie e dalla chiesa, nei contenuti ricevuti. Pur nella evoluzione della sua dimensione culturale all’interno dello svolgersi storico del pensiero, con maggiore o minore attrito con lo spirito dei tempi, con la forza pervasiva che impregnava l’immaginario comune e le strutture sociali o arroccato a difesa di una integrità minoritaria.
Ma le giovani generazioni non vivono in una società cristiana: i valori evangelici che hanno drasticamente modificato la percezione della persona e della vita nell’antichità si sono ampiamente laicizzati e hanno perso la connotazione religiosa, la trasmissione culturale e valoriale nelle giovani generazioni non avviene tramite le famiglie o la chiesa ma attraverso il crogiolo dei media, fortemente influenzabili da poteri economici e politici, soggetti alle mode e al bisogno di emergere.
Difficilissimo, quindi, cogliere o analizzare la quotidianità diffusa e nascosta che si è eccezionalmente e platealmente espressa nell’evento del Giubileo. Da qui i commenti stupiti, piacevolmente sorpresi o spiazzati; da qui la difficoltà a intercettare e a misurarsi con la fede dei giovani. Per lo più la voce del cattolicesimo è oggi affidata solo alla parziale e spesso fraintesa cronaca degli interventi papali, o di poche eminenti personalità della gerarchia ecclesiastica. L’associazionismo cattolico un tempo produceva visioni culturali, che a loro volta gemmavano vocazioni ed elaborazioni politiche nella dimensione laicale. Oggi questa fertilizzazione del terreno sociale da parte dei cattolici è più affidata alla memoria di personalità del passato che a protagonisti del presente. Ma è anche vero che ogni generazione ha la sua propria sfida e il proprio modo di vivere il suo presente.
In fondo, sui due grandi temi che riguardano il futuro di quei giovani, la pace e l’ambiente, le parole più vivide e chiare le ha dette quella vecchissima istituzione che è la chiesa cattolica. Governata da un gruppetto di anziani cardinali che però, a dispetto del nostro radicato amore per la democrazia, sembrano aver scelto meglio la loro guida di quanto non abbia fatto la più grande democrazia del mondo.
*Dirigente scolastica Istituto comprensivo del Primiero