il caso
mercoledì 16 Luglio, 2025
«Finto ricovero in ginecologia»: Liliana Mereu assolta. Era accusata di aver simulato una malattia e di aver fatto pressioni su due colleghi
di Patrizia Rapposelli
Per la Corte d’Appello il fatto non sussiste. L’avvocato difensore: «Una brutta sentenza è stata riformata». Assolto anche il collega Gian Luca Marcomin

Il fatto non sussiste. La Corte d’Appello di Trento, presieduta dalla dottoressa Maria Giovanna Salsi, ha assolto con formula piena l’ex responsabile dell’unità di chirurgia oncologica dell’ospedale Santa Chiara di Trento, Liliana Mereu, dalle accuse di falso, o più precisamente di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, riformando così la precedenza sentenza di condanna del Tribunale di Trento del 2023. Assolto anche il collega Gian Luca Marcomin, dal novembre 2023 titolare della struttura semplice «Urgenza in ostetricia» del Santa Chiara e da fine agosto 2021 direttore dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Cavalese, dalle accuse, invece, di falso in concorso. Queste le accuse della Procura di Trento nei loro confronti per fatti di marzo 2020. Sotto inchiesta il presunto finto ricovero di una notte in ospedale della dottoressa Liliana Mereu nel reparto di Ginecologia del Santa Chiara dove lavorava al tempo che avrebbe fatto risultare per avere una ragione valida per annullare un viaggio programmato. «Una brutta sentenza è stata riformata», le parole dell’avvocato Franco Rossi Galante, difensore di Mereu.
Il fatto
Facciamo un passo indietro. La dottoressa Liliana Mereu, vice dell’ex primario Saverio Tateo, già coinvolta nell’inchiesta sulla tragica scomparsa di Sara Pedri e indagata insieme a Tateo per maltrattamenti nei confronti di alcune colleghe, era finita al centro di un’inchiesta per truffa e falso relativa a un finto ricovero. Gli investigatori del Nas, indagando sulle presunte vessazioni in reparto, avevano scoperto che a marzo 2020 la Mereu era stata ricoverata una notte in ospedale. Un ricovero certificato da due colleghi, appunto Marcomin e la dottoressa Alice Pedot, che avrebbero firmato il documento di accesso e dimissioni dal reparto. All’epoca dei fatti, la Mereu era stata accusata di aver fatto pressioni sui due colleghi costringendoli a certificare un suo ricovero nel reparto di ginecologia, che, però sembrava non essere mai avvenuto. E a febbraio il tribunale monocratico aveva inflitto due anni di reclusione, pena sospesa, alla dottoressa Alice Pedot. Colei cioè che quel 3 marzo 2020, in servizio al pronto soccorso ambulatorio ginecologico, aveva stilato la cartella clinica di Mereu, attestando il falso, facendo figurare visita, esami e ricovero appunto.
Le ammissioni
Era stata proprio l’ imputata Pedot a riferire di non aver fatto alcuna visita, anzi, di aver assecondato la richiesta della Mereu, di aver scritto diagnosi e prognosi dettate dalla stessa che non avrebbe accettato obiezioni per la necessità che aveva di annullare un viaggio.
La sentenza
Per tutta questa vicenda, il pm Davide Ognibene aveva chiesto rispettivamente una condanna a 18 mesi per la dottoressa Mereu allora vice del primario Tateo, assistita dall’avvocato Franco Rossi Galante, e di un anno per Marcomin, difeso dall’avvocato Alessandro Baracetti. E a dicembre 2023 il gup Gianmarco Giua aveva condannato in abbreviato (quindi lo sconto di un terzo di pena) la Mereu a 8 mesi di reclusione (per il falso, assolta invece per la truffa ai danni dell’Azienda Sanitaria). Lo stesso giudice aveva inflitto 5 mesi e 10 giorni al medico che aveva firmato le sue dimissioni al tempo. In Appello, invece, è stata prodotta una prova documentale dalla difesa con dei certificati medici precedenti, risalenti ad anni prima che specificano quella condizione sanitaria specifica per la quale era stata ricoverata: nella cartella clinica c’era un dettaglio falso, un errore che dimostra che non era la Mereu a dettare diagnosi e prognosi ai due colleghi.
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