L'elezione del Papa
venerdì 9 Maggio, 2025
Parolin era in vantaggio, poi si è fatto da parte: dietro le quinte del Conclave. Zuppi: «Io? Mai sperato»
di Redazione
Il cardinale veneto era il più votato, ma nel pomeriggio, come nel 2013 per Francesco, i voti si sono spostati sul porporato americano superando la cifra di 89

Secondo una ricostruzione giornalistica fino a mezzogiorno di giovedì si diceva che il favoritissimo Pietro Parolin avesse 49 voti e Prevost 38, mentre un terzo secco di porporati preferiva altri. Nel pomeriggio, come nel 2013 per Francesco, i voti si sono spostati sul porporato americano superando la cifra di 89. Voti “ceduti” da chi sosteneva Parolin? Voti sopraggiunti da chi aveva sperato un cardinale ancora più decisamente bergogliano? Forse; fatto sta che Parolin si è fatto da parte e il nome di Prevost ha unito conservatori e progressisti. Sempre simpatico l’altro super favorito del conclave 2025, l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, da molti soprannominato il vero don Matteo. «In tanti speravano in me come Papa? Io mai sperato. Prima deve vincere lo scudetto il Bologna, cominciamo dalla Coppa Italia» ha scherzato con i giornalisti che lo hanno intercettato in via della Conciliazione poco prima dell’inizio della prima messa di Leone XIV. «Per principio il Papa è sempre bravo», ha risposto alla domanda sul nuovo Pontefice. Se seguirà le orme di Papa Francesco? «Sono ancora in apnea», ha detto.
Adesso cosa faranno quelli che erano favoriti alla vigilia del Conclave? Parolin nei primi tempi rimarrà sicuramente a capo della Segreteria di Stato. D’altronde è praticamente coetaneo del Papa (70 anni lui, 69 Prevost) ed è difficile pensare che sia messo in un angolo così presto. Poi si vedrà. Pierbattista Piazzaballa aveva dalla sua la grande capacità diplomatica, necessaria al patriarca di Gerusalemme per la sua opera in Terra Santa, soprattutto in questi tempi di guerra tra Israele e palestinesi. Col senno di poi, probabilmente Pizzaballa non è mai stato un vero candidato forte al papato. Dicono che gli abbia fatto difetto la sua giovane età (60 anni) e anche la sua posizione, il suo incarico: come si poteva pensare di privare Gerusalemme della sua guida cattolica proprio in questo momento? Hanno fatto il giro del mondo le immagini del cardinale bergamasco che ammirava gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina poco prima dell’Extra Omnes, mentre tutti i suoi colleghi avevano gli occhi fissi sul libretto delle preghiere pre Conclave. Chissà che lui stesso abbia chiesto un aiuto da lassù perché lo Spirito Santo soffiasse altrove. E così è stato.
Dopo gli appuntamenti di rito a Roma, e dopo un saluto alla mamma, Pizzaballa tornerà nella sua Gerusalemme: laggiù c’è ancora grande bisogno di lui. Terzo italiano dato tra i favoriti era Matteo Maria Zuppi. Per alcuni il cardinale di Bologna era la figura giusta per riportare in Italia il papato dopo tanti anni. Aveva anche l’età ideale, 69 anni, proprio come Prevost-Leone XIV. Delusi sono stati i tanti (soprattutto giornalisti e politici, diciamo la verità) che tifavano per lui, legato alla Comunità di Sant’Egidio da quando era un ragazzo. Il New York Times gli aveva dedicato un lungo articolo, lodando “la sua accoglienza verso il mondo Lgbtq” e ricordando la sua prefazione all’edizione italiana di un libro del 2017 sullo stesso tema del padre gesuita James Martin, da sempre vicino alle comunità Lgbtq in America. Troppo squilibrato, insomma, per i cardinali più conservatori.
Fin dalle Congregazioni precedenti il Conclave, si era capito che la Chiesa aveva bisogno di un’altra figura. Meno schierata, per certi aspetti. E così, il cardinale romano trapiantato a Bologna ora tornerà a presiedere la Conferenza episcopale italiana. Con un obiettivo: riavvicinare tra loro i porporati italiani che in questi ultimi anni sono stati tra i più divisi proprio sulle questioni morali. E che, forse esattamente per questo, non hanno potuto esprimere una vera candidatura forte per un Papa italiano. Che manca ormai sul soglio di Pietro da una intera generazione.
Ora occhi puntati su Leone XIV: lo stemma e il motto cardinalizi di Prevost possono già dire molto del suo programma. Anche se cambieranno alcuni elementi dello stemma papale, i simboli e il motto dovrebbero rimanere uguali. Lo stemma è uno scudo diviso in due settori: su quello a sinistra, su sfondo azzurro, è raffigurato un giglio bianco, simbolo associato alla Vergine Maria in quanto segno di purezza e innocenza.
Il giglio, dunque, indica il suo legame con la Madre di Gesù, alla quale, non a caso, ha rivolto la preghiera al termine del suo primo discorso dalla Loggia di San Pietro, subito dopo l’elezione. Nella parte destra dello scudo è rappresentato il Sacro Cuore di Gesù, in campo bianco, adagiato su un libro chiuso e trafitto da una freccia: il simbolo è l’immancabile riferimento allo stemma degli agostiniani (ordine monastico al quale appartiene Leone XIV), che riporta una Bibbia sulla quale un cuore fiammeggiante è trafitto da una freccia. Simboli che ricordano la Passione di Cristo e anche le parole che, nel Vangelo di Luca, Simeone rivolgerà a Maria nel giorno della presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Lo stemma intero è sovrastato dal cappello cardinalizio: questo elemento sarà sicuramente cambiato e sarà sostituito dalla tiara papale. Molto probabilmente, il motto di Prevost non cambierà: solitamente viene scelto alla nomina a vescovo e rimane quello per sempre. Certo, ogni Papa può liberamente decidere diversamente, ma è una scelta rara. Quindi, il motto di Papa Leone XIV è “In Illo unum uno”, cioè “Nell’unico Cristo siamo uno”. E riprende le parole che Sant’Agostino usò per commentare il salmo 127 sull’abbandono alla Provvidenza divina.
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