l'intervista

venerdì 25 Aprile, 2025

L’influencer Ftima Chistè: «Le emozioni di oggi sono poco genuine. Devono essere ostentate sui social»

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Su Instagram con la pagina «Scarabocchi dentro» parla d'amore alle donne. Ha appena pubblicato il suo primo romanzo con Rizzoli «Ogni cosa è adesso»

Quando finisce una storia d’amore sembra che la terra crolli sotto i nostri piedi. E così è stato per Iris, una giovane sarta ligure che si trova a dover fare i conti con la solitudine e il dramma della separazione da quello che considerava l’amore della sua vita. Un racconto al contrario che indaga a ritroso come due persone si perdono, in un percorso fatto di errori e incomprensioni del tutto umani. È questa la trama di «Ogni cosa è adesso» (ed. Rizzoli, 2025), il primo romanzo di Ftima Chistè, autrice trentina, classe 1994, che conta oltre 99mila followers sulla sua pagina Instagram «Scarabocchi dentro» e che ha fatto delle emozioni il fil rouge per raccontare e raccontarsi.
Chistè, da dove nasce lo pseudonimo «Scarabocchi dentro»?
«La pagina Instagram è nata in forma anonima circa sette anni fa. Presi spunto da una frase che, appunto, diceva che tutti noi siamo fatti di scarabocchi e dobbiamo trovare il modo di metterli in ordine e spiegarli a chi ci sta vicino».
E trovare anche chi li sappia leggere, immagino…
«Esattamente».
La passione per la scrittura quando è iniziata?
«Inizialmente scrivevo per dare sfogo alle mie emozioni. Successivamente, ho aperto la pagina sui social per esporre le mie paure, i miei sentimenti e condividerli con altre donne. Lì mi sono sentita capita da molte. In un terzo momento, ho iniziato a scrivere romanzi che raccontano le emozioni a 360 gradi. Dall’amore per se stesse all’amicizia fino al rapporto con il corpo e alla crescita personale».
Il suo pubblico è principalmente femminile, perché?
«Credo ci sia bisogno di parlare alle donne e il mio intento era proprio quello di creare uno spazio dove non esistono pregiudizi, dove le donne non si sentono sole e dove possono sentirsi al sicuro».
Si sente un po’ una life coach?
«Non mi piace dare etichette (ride ndr). Non mi sento di certo arrivata. Ho raggiunto delle consapevolezze e mi piace condividere alcuni aspetti della mia vita come il rapporto che ho me tessa, con il mio partner, le mie origini con altre donne. Mi piace creare dei rapporti con le persone che mi seguono e mi leggono e sentirmi un’amica sincera. Ecco, direi che sono più un’amica che una life coach».
Ha citato le sue origini… Ha voglia di parlarne?
«Purtroppo, al momento sono origini che mi sfuggono ma che vorrei recuperare. Mio padre era tunisino (è mancato qualche anno fa ndr) e con mia madre ha avuto una bellissima storia d’amore. Erano molto giovani e quando mia madre chiese la separazione lui mi portò in Tunisia di nascosto. Mia madre ovviamente ci raggiunse e quando mi ammalai di salmonella, mio padre si convinse a farmi rientrare. Il mio rapporto con lui è stato frammentato ma il mio lato tunisino è una parte di me che mi caratterizza e vorrei esplorare».
Parliamo del suo nuovo romanzo. Perché ha deciso di scrivere una storia d’amore al contrario?
«Quando una storia d’amore finisce ci si chiede sempre quale sia il motivo. Magari sono piccole fratture che nemmeno vediamo: una lite, andare a letto arrabbiati. Il mio è un viaggio a ritroso dentro una coppia che si è lasciata. Credo possa essere d’aiuto per lettori e lettrici che magari stanno vivendo la stessa situazione».
È d’accordo se le dico che la colpa è sempre di entrambi?
«Certamente. I fattori sono molti: il disimpegno, la fragilità. Non è mai colpa di uno o dell’altro. Infatti, non ho dipinto il protagonista maschile come demone che va biasimato ma come essere umano con difetti, pregi e fragilità. L’obiettivo è indagare come i due si perdono, perché è umano».
I recenti fatti di cronaca hanno fatto emergere una grande fragilità nei giovani di oggi che non accettano il rifiuto…
«È un tema che ho affrontato con delicatezza sui social e mi piacerebbe poterne parlare in un libro. Credo che il problema nasca da una narrazione continua dei sentimenti che crea modelli sbagliati. Oggi le emozioni sono veloci, poco genuine e che devono essere ostentate sui social. C’è questa necessità di mostrare il possesso che supera la purezza del viversi un’emozione forte».
Qual è la soluzione?
«Parlarne e riuscire a staccare la propria identità dal giudizio altrui. Perché stanno emergendo sempre più identità fragili, incapaci di stare da sole e soggette ai commenti esterni».
Quali consigli da a chi si è lasciato e non riesce ad andare avanti?
«Per quanto sia difficile, dobbiamo avere la consapevolezza che la relazione non è un prolungamento ma un valore aggiunto. Dobbiamo ricordarci che noi esistevamo anche prima di quella relazione. Poi, il dolore va vissuto perché è una fase che porta al superamento del lutto. Diamoci il tempo di soffrire e di reagire con la consapevolezza che la nostra vita resta. È anche importante crearsi una rete sociale in grado di sostenerci, perché la solitudine aumenta le emozioni negative».