In Vaticano
giovedì 8 Maggio, 2025
Conclave, sarà il giorno del nuovo Papa? La prima fumata nera e i prossimi scrutini
di Alberto Folgheraiter
Mercoledì la prima scrematura dei papabili. Il racconto da piazza San Pietro

Com’era prevedibile. Anche perché la prima votazione dei 133 cardinali serviva per una scrematura dei “papabili”.
Nella piazza San Pietro, gremita, alle 21 la fumata nera. Per la delusione di chi si aspettava, già dal primo scrutinio del conclave, l’elezione del nuovo papa.
Da oggi ci saranno quattro votazioni al giorno: due la mattina, due al pomeriggio. Fino all’elezione. Che si potrebbe avere già nella giornata odierna o, forse, domani. Ipotesi naturalmente, che si basano sulle sensazioni dei colleghi in sala stampa, poiché dopo l’“Extra omnes”, il “fuori tutti” delle 17.47 di ieri, (coloro che non avevano titolo per restare all’interno della cappella Sistina) l’area del conclave è stata incapsulata. Con il dispositivo Jammer, che è un disturbatore di frequenze, resa impermeabile ai sussurri e alle grida del mondo, alle pressioni dei potenti e alle orazioni dei credenti. Solo un camino, solo un messaggio di fumo. Nel primo conclave dell’era totalmente digitale null’altro fuoriesce dalla Sistina, nessun estraneo può entrare. Unico ammesso, anzi: richiesto, lo Spirito di Dio che i 133 cardinali-elettori (in precedenza mai stati più di 120) hanno invocato al canto del “Veni Creator Spiritus”, perché li assista e guidi loro la mano nella scelta del successore di papa Francesco. Inno della liturgia di Pentecoste, del IX secolo, attribuito all’arcivescovo di Magonza, Rabàno Mauro (morto nel 856).
Ed è il latino a dominare i riti del conclave, dalle invocazioni (Litanie) al giuramento sul Vangelo di ogni cardinale che si appresta al voto chiamando Dio a testimone. Spiega don Davide Piras, della squadra degli scriptores dell’Ufficio Lettere Latine del Vaticano, che l’extra omnes “un tempo era pronunciato all’inizio del Concistoro segreto e nelle fasi iniziali dell’assise conciliare”. Così come l’Habemus Papam “è ispirato al racconto del Vangelo di Luca con l’Angelo che annuncia ai pastori la nascita di Cristo”. Tale formula è fatta risalire all’elezione di papa Martino V nel 1417.
La cronaca. Ieri pomeriggio, in processione, accompagnati dal canto delle Litanie dei Santi, i 133 cardinali votanti sono entrati, due a due, nella cappella con il Giudizio Universale frescato da Michelangelo tra il 1536 e il 1541. Dopo l’invocazione del “Veni Creator” il giuramento, in latino, di ciascuno di votare secondo coscienza e di mantenere il segreto su quanto avviene nel conclave.
La cappella è chiamata “Sistina”, dal nome del papa Sisto IV della Rovere che nel 1477 fece ristrutturare l’antica cappella Magna. E lì resteranno, chiusi a chiave (cum-clave, appunto) isolati dal mondo. Col quale “parleranno” soltanto compiendo la scelta del nuovo pontefice romano. Solo una voluta di fumo, dal comignolo issato sullo spiovente della cappella informerà il pianeta sull’esito delle votazioni. Fumata “nera” fino a quando, raggiunti almeno 89 voti sul nome di un cardinale, diverrà “bianca” e annuncerà in tal modo l’avvenuta elezione del Papa.
In mattinata, il cardinale Giovanni Battista Re (1934), decano del sacro collegio, ha presieduto la messa “Pro eligendo Romano pontifice” concelebrata da 220 cardinali, compresi dunque gli ultraottantenni. “Quello dei cardinali elettori che si riuniscono nella cappella Sistina – ha detto il decano – è un atto di massima responsabilità umana ed ecclesiale. È una scelta di eccezionale importanza”. L’elezione di un Pontefice “non è un semplice avvicendarsi di persone, ma è sempre l’apostolo Pietro che ritorna”. Ed ha chiesto ai cardinali di essere “concordi nell’elezione del Papa di cui ha bisogno il nostro tempo. Perché il momento storico è difficile”. Già Dante nel 1314, con una lettera accorata aveva esortato i cardinali italiani a trovare un accordo e uno spirito di unità, dopo la morte di Clemente V, per dare un nuovo Papa alla Chiesa. Soprattutto per riportare a Roma la sede del papato che, dal 1309, era stata trasferita ad Avignone, in Francia e lì sarebbe rimasta fino al 1377.
Se la fumata nera di ieri era scontata, da stamane cresce l’attesa per la designazione del 267° successore dell’apostolo Pietro che potrebbe essere annunciata entro stasera. Lo sguardo di tutti è rivolto al comignolo sul lato destro di piazza San Pietro, affollata di migliaia di pellegrini arrivati qui per il Giubileo che prosegue anche in questi giorni di “sede vacante”. La scelta del successore di Francesco ha implicazioni “politiche” che vanno oltre il compito di garante e maestro nella fede per un miliardo e trecento milioni di cattolici. Del resto, l’escalation dei conflitti – da Gaza all’Ucraina, all’Africa – rende urgente la designazione di un’autorità morale quale è il romano pontefice. E quale fu il defunto papa Bergoglio. Gli stessi porporati, prima di entrare nella Sistina, hanno diramato un appello “per un cessate il fuoco nei luoghi dove sono in corso conflitti e si negozi, senza precondizioni e ulteriori indugi la pace lungamente desiderata dalle popolazioni coinvolte e dal mondo intero”.
I tempi del conclave devono essere ristretti anche perché fra due settimane cadono i 1700 anni dal concilio di Nicea (325) alle cui celebrazioni dovrebbe partecipare anche il nuovo papa. Convocato dall’imperatore Costantino, fu il primo concilio ecumenico della Chiesa al quale parteciparono vescovi di tutte le regioni dov’erano presenti comunità cristiane. Stabilì la divinità di Cristo così come si recita da 17 secoli nel Credo della Chiesa universale e cristiana.
Mentre cala la sera e la folla sciama da piazza San Pietro, il fumo nero pare velare l’immagine di papa Bergoglio. Sono passati appena dieci giorni dal funerale e alla sua tomba, nella basilica sull’Esquilino, sei chilometri da qui, resiste il pellegrinaggio dei credenti. Fino a quando? La scelta degli “eminentissimi”, oggi o domani, dirà se quell’immagine e il suo messaggio segneranno ancora il cammino della Chiesa o se, delle pagine del Vangelo degli ultimi, smosse dal vento sulla sua cassa, resterà soltanto il fruscio. Fastidioso per taluni, profetico per molti.